Press "Enter" to skip to content

Avviso agli italiani ancora in letargo: Svegliatevi, sono in pericolo Costituzione e le istituzioni italiane.

Ormai l'uomo delle notti di "hardArcore" si sente un Dio onnipotente. Ed ora che sta raggiungendo, pare a suon di bigliettoni ed altro, una maggioranza forte, si sente ancora più potente, intoccabile e sopra una gradino di Dio. Quindi, il personaggio, dopo la caduta dei suoi amici più cari, cioè i satrapi del Nord Africa,  e non ultimo quello libico,  è estremamente e doppiamente pericoloso. Non si fermerà davanti a nulla ed in ogni modo, lecito ed altro, cecherà di fermare la giusta azione della magistratura che in lui ha osato porre il suo sguardo, senza il suo consenso. Ed ora, il riccone lombardo, detto senza la ben che minima invidia, perché se un uomo come lui, con il suo potere politico e monetario è costretto a farsi portare le donne da Mora e dall'altro vecchietto 80enne Fede, allora, vuol dire che non è ne potente ne altro, ma è un uomo ossessionatamente solo, circondato da servi, replicanti e traditori. Perché come racconta la storia ogni traditore non tradisce mai una volta ma sempre almeno un'altra. Ed ora quelli che sono suo libro paga, anzi in quello dello Stato, perché per non sborsare personalmente, li mette sul groppone delle malandate casse statali. Infatti, circa 315 deputati, imputati e condannati, tutti in fila per dire sempre e comunque "YES BOSS", parola impressa nel cranio, quindi indelebile finché si è al suo servizio, sono schierati come pioli asburgici, sui quali alcune volte venivano infilzati dal basso verso l'alto i nemici, per delimitarne il potere, e il territorio invalicabile del cavaliere.

Ed, ora, il dittatore italiano, che si avvia verso una repressione legislativa dura e solenne verso il popolo italiano e ridurrà il Parlamento in una mera sede di certificazione del suo volere inopinabile, si appresta come minacciato ieri a punire anche i giudici della suprema Corte, rei di essere, secondo il suo maldestro parere, dei comunisti che osano contrastare e bocciare le giuste leggi (lo dice solo il cavaliere) fatte scrivere da lui e per lui dai suoi ministri, deputati e senatori, ormai svuotati di qualsiasi dignità di uomo, morale e responsabilità verso il popolo sovrano. Ma riconoscono solo la parola del loro sovrano e ripetono sempre a capo chino e immancabilmente proni: "YES BOSS".

Ieri, il dottore di Arcore, parlando al telefono con alcuni dipendenti dislocati nel territorio, ha arringato la piccola folla presente, ripetendo che non vi sarà solo la separazione delle carriere, l'introduzione di un doppio Csm, la responsabilizzazione delle 'toghe', la stretta sulle intercettazioni e il ritorno all'immunità parlamentare: la riforma della giustizia immaginata da Silvio Berlusconi prevede anche una nuova Corte Costituzionale che decida a maggioranza qualificata per abrogare le leggi votate dal Parlamento.

Il premier, dunque, conferma la linea dura: una simile novità per la Consulta, infatti, era prevista nella prima bozza di riforma, abbandonata dal Pdl per la sollevazione dell'opposizione e il prevedibile stop del Quirinale. Ma ora è lo stesso premier a tirarla fuori dal cassetto.

Dal Colle nessun commento ma la nuova esternazione del presidente del Consiglio non può non aumentare la tensione con il presidente della Repubblica su questi temi che necessariamente dovranno passare al vaglio di Giorgio Napolitano. Quest'ultimo a più riprese ha rimarcato la necessità di riforme condivise, senza strappi e contrapposizioni, anche per assicurarne la durata.

Sono argomenti su cui il capo dello Stato resta sempre vigile. Il Cavaliere, in collegamento telefonico con una iniziativa del Pdl a Cosenza, parla delle cose da fare: siamo impegnati a realizzare le "riforme istituzionali", ma "soprattutto siamo determinati a realizzare quella riforma delle giustizia indispensabile" all'Italia, dice. Ricorda ciò che è "avvenuto e sta avvenendo da anni", citando due date: il '92 (Tangentopoli) e il '94 (sua discesa in campo).

È da allora che, sottolinea, "mi sono impegnato per evitare il prevalere della sinistra attraverso l'arma giudiziaria: me ne hanno fatto di tutti i colori, sono l'uomo più perseguitato della storia". Anche oggi, dice con riferimento al 'Rubygate', "imperterriti, continuano" perché hanno chiaro che "non riusciranno mai a eliminarmi con le elezioni".

Segue un appello a "resistere", a continuare a governare, ma soprattutto ad impegnarsi per realizzare le riforme. Anche perché, sottolinea, "la maggioranza è solida" sia al Senato che alla Camera. Circostanza confermata, qualche minuto dopo, dall'annuncio che anche Luca Bellotti ha lasciato Fli per tornare nel Pdl. Il premier, non a caso, parla di maggioranza ancor più "coesa" dopo la "dipartita" di Gianfranco Fini.

Motivo in più, sottolinea, per riformare la giustizia visto che il "patto mai smentito" fra il presidente della Camera e l'Anm ora non può più fermarlo. Una riforma "indispensabile" che "conterrà tutto ciò di cui pensiamo ci sia bisogno: dalla divisione degli ordini, ai due Csm; dal metodo di elezione dei membri del Consiglio superiore della magistratura ad una diversa regolamentazione delle intercettazioni"; ma anche (ed è qui la novità rispetto alla bozza portata ieri da Alfano in Cdm) una nuova "composizione della Corte costituzionale", in base alla quale saranno "necessari i 2/3 dei componenti per abrogare le leggi".

Una maggioranza qualificata che, a suo giudizio, è necessaria per "evitare che una legge approvata dal Parlamento" sia impugnata dai Pm e abrogata dalla Consulta che, essendo "costituita in prevalenza da giudici che provengono dalla sinistra", boccia tutte le leggi che non piacciano ai magistrati anche se sono "giuste e giustissime".

Si tratta, ovviamente di riforme costituzionali che il premier intende adottare anche senza il contributo delle opposizioni: "Il Parlamento le discuterà e le voteremo con la nostra maggioranza". Tanto che Roberto Rao (Udc), dice che "con questi presupposti non c'è alcun dialogo possibile", mentre Anna Finocchiaro (Pd), difendendo la Consulta, parla di ennesimo "inaccettabile" attacco alle istituzioni.

E la segreteria del Pd, con Marco Meloni, arriva a parlare di "pulsioni totalitarie". Ma il premier non si fa impressionare dalle critiche; e nemmeno sembra temere neanche il pressoché scontato referendum confermativo (necessario senza il voto favorevole di due terzi del Parlamento) visto che, sostiene, "gli italiani vogliono una giustizia giusta".

Berlusconi liquida le opposizioni definendole una "armata Brancaleone" di cui non si deve aver paura perché "non ha né senso né futuro". Del resto, aggiunge, i sondaggi sono positivi, la Lega è un alleato "leale", i numeri per andare avanti fino alla fine della legislatura ci sono e, "finalmente liberi" dai diktat finiani, "faremo la riforma della giustizia che è una battaglia decisiva in difesa della liberta"'.