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Libia: due città in mano ai manifestanti

Tempi duri per i dittatori del Nord Africa. In poco più di un mese ne sono caduti già due e l'altro, il più sanguinario e pazzo del Magreb, Gheddafi, sta per pagare il conto ai suoi concittadini oppressi e messi sotto per 30 lunghi anni, molti dei quali, specialmente i giovani, non hanno mai saputo cos'è la vera democrazia. E caso strano è che tutti erano, (detto con vanto) amici cari e personali del nostro primo ministro. Certamente a questi rais africani l'amicizia del premier italiano non ha portato bene come non porta bene agli amici italiani, che sono stati prima usati e poi lasciati al loro destino-giudiziario e carcerario pagando al posto del loro datore di lavoro perché per lui avevano fatto il lavoro sporco. Infine, dopo gli amici africani del cavaliere ora toccherà a Puntin? Al dittatore russo a questo punto gli converrebbe presto, cambiare amici se vuole vivere a lungo nel suo violento potere politico. Perché si sa, certe amicizie, anche se lontane, pare portino un tantino male. E se poi dopo che il popolo ti ha mandato via, ti viene anche il 'coccolone', allora la sfortuna indotta si è accanita su di te due volte: prima la perdita del potere e poi anche quasi la vita, come sta succedendo agli ex ormai dittatori tunisino e egiziano. 

Ora gli italiani, se un giorno si sveglieranno, dovranno anche loro liberarsi della piaga del berlusconismo che mai come in questi quasi 4 lustri, non si era mai vista tanta corruzione, tanto malaffare, esercitato tutto nel nome della presunta impunibilità che ora si vorrebbe anche nuovamente aumentare con l'intoccabilità. E tanti inquisiti, condannati, e incapaci e tante ex ballerine che hanno il merito solo di essere state belle e di essere forse state accondiscendenti ai voleri, con il loro inventore, seduti sulle comode poltrone dei due rami del parlamento italiano nel quale si esercita e si agisce nel nome di Berlusconi e dei suoi voleri e non nel nome del popolo sovrano che è il vero datore di lavoro della classe politica. A questo punto  l'era tangentopoli è da rimpiangere e i suoi attori in confronto a questi erano dei dilettanti. Ora nell'attesa che gli italiani si liberino definitivamente della tanta sfortuna portata alla nazione, agli italiani che sotto il suo dominio e non governo (non si è mai visto un atto di vero governo atto a favorirli) ed, infine, del dannoso satrapo e pericoloso italiano, rimane sempre più tesa la situazione in Libia. Infatti, è sempre più in fiamme l'est della Libia - da Bengasi ad Al Baida e oltre, verso il confine con l'Egitto - nonostante il pugno di ferro messo il campo dal leader Muammar Gheddafi che, attraverso "i Comitati rivoluzionari e il popolo", ha minacciato "i gruppuscoli" anti-governativi di una repressione "devastante". 

Dopo le decine di morti (tra 28 e 50) di cui tra ieri e oggi è giunta notizia da varie località senza ottenere conferme indipendenti, stasera la Libia è letteralmente balzata al primo posto tra 'i Paesi della rivolta'.

Amnesty International ritiene che almeno 46 persone siano state uccise dalle forze di sicurezza libiche negli ultimi 3 giorni.

Le notizie in serata si susseguono a ripetizione, laddove riescono a filtrare attraverso la censura, nonostante i telefoni bloccati e le comunicazioni non facili che, anche via Internet, riescono a dribblare con estrema difficolta' il controllo del quarantennale regime di Gheddafi. 

Due poliziotti impiccati dai manifestanti ad Al Baida (terza citta' del Paese), la sede della radio incendiata a Bengasi (seconda citta', da sempre 'ribelle'), dove oggi ci sono state altre proteste e scontri. Le forze dell'ordine hanno successivamente ricevuto l'ordine di ritirarsi dal centro delle due localita', ufficialmente "per evitare ulteriori scontri con i manifestanti e altre vittime".
 

Ma nello stesso tempo non si allontanano, le circondano e prendono il controllo di tutte le vie d'accesso, sia per impedire a chi ha partecipato ai disordini di allontanarsi sia per bloccare eventuali civili o miliziani intenzionati ad unirsi alla piazza.
 

Queste, le notizie dalle fonti ufficiali. Alle quali in serata si e' unito il sito di un giornale online vicino al figlio riformista di Gheddafi, Seif al Islam, che ha ammesso 20 morti a Bengasi e sette a Derna, dove oggi si sono celebrati i funerali delle vittime di ieri.
 

Oggi ci sono stati morti anche in due prigioni dove i detenuti avrebbero approfittato della situazione instabile per scatenare una rivolta: sei sarebbero stati uccisi a Jadaida, nella capitale; numerosi sono invece riusciti a fuggire dalla prigione al-Kuifiya di Bengasi, ed hanno poi appiccato il fuoco all'ufficio del procuratore generale, a una banca e a un posto di polizia.
 

Poi, da un esule libico che vive in Svizzera, arrivano notizie simili ma con un punto di vista diverso. Al Baida e Derna sono ormai "due citta' libere" e "il potere e' passato al popolo", proclama Hassan Al-Jahmi - uno dei promotori della 'Giornata della Collera" - ai sui circa 30.000 simpatizzanti su Facebook.
 

E su Youtube un video amatoriale mostra incidenti a Tobruk, con un monumento di cemento al 'Libro Verde' di Gheddafi, simbolo della sua rivoluzione, gettato giu' dal suo piedistallo.
 

A Tripoli invece, per tutta la giornata la vita e' andata avanti abbastanza normalmente. Gheddafi si e' fatto vedere nel centro della citta', nella Piazza Verde, dove e' stato salutato con entusiasmo dai suoi sostenitori. Non ha parlato ma hanno parlato i comitati rivoluzionari: una risposta "violenta e fulminante" colpira' - hanno detto - gli "avventurieri" che protestano, e qualunque tentativo di "superare i limiti" si trasformera' in "suicidio".