La vicenda dei giganti di Mont'e Prama merita un'ampia riflessione, partendo comunque alla premessa che devono restare a Cabras. Lo sostiene il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, in una lettera aperta al sindaco Cristiano Carrus. Questo il testo.
"Caro Sindaco, la tua lettera sul futuro dei giganti di Mont’e Prama è uno stimolo ad una riflessione ampia e articolata sull’industria culturale in Sardegna. Sgombro subito il campo da eventuali equivoci: le statue devono stare a Cabras, là dove sono nate.
Perché l'uomo, il mito e il territorio hanno un legame indissolubile. Oggi, forse, ancor più di ieri.
Ogni nazione ha un proprio eroe capace di alimentare il mito. L'Irlanda per esempio unisce personaggi epici del passato a miti recenti come Bono leader degli U2.
Persino gli architetti, specie quando sono glamour, conquistano di diritto la fama di eroi dello spazio, dei volumi, dei pieni e dei vuoti. Diventano, cioè, archistar.
E la Sardegna? Non ha rockstar né archistar, epperò ha ri-scoperto di poter annoverare tra i propri miti delle “archeostar”: i Giganti di Mont'e Prama.
Il mondo della cultura e della politica si interrogano su quale sia la loro collocazione ideale. Ancora: i Giganti devono o meno viaggiare per il mondo, novelli ambasciatori della Sardegna?
Per trovare una risposta a tali quesiti però non serve investigare nel mondo identitario e autonomista, interpretandoli quindi con estrema autoreferenzialità.
Piuttosto è l'occasione per riflettere sulla strategia culturale che si vuole adottare in Sardegna. Un'opera d'arte deve restare chiusa nel proprio ambito geografico di creazione o può e deve diventare, se possibile, fruibile per un più vasto pubblico?
Già il ministro Bondi aveva chiarito e risolto il problema: la destinazione finale delle nostre “archeostar” è il Sinis con il comune di Cabras, dove sono state rinvenute.
L'altro tema è quello che pose il direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Mibac, Mario Resca: far viaggiare per il mondo le statue sarde. Questione che vale per la gran parte delle opere italiane. È uno scippo? No, è un prestito temporaneo alla comunità internazionale. Shanghai, New York, Londra, Parigi... un giro del mondo in 365 giorni per far conoscere il nome della Sardegna, del Sinis e per concordare con Cabras quale sia una degna dimora in loco per questi testimonial d'eccezione.
Ma tutto ciò non è sufficiente. Lo Stato deve impegnarsi a reperire i fondi necessari, coinvolgendo la Regione, per avviare una maestosa campagna di scavi proprio nel Sinis. I nostri giovani laureati in archeologia potrebbero così trovare un'occupazione, ma soprattutto si andrebbe a conoscere a fondo la nostra origine. Il nostro mito!
I giganti di Mont'e Prama sono solo la punta di un iceberg, rispetto a quanto può ancora svelare il Sinis. E per un ulteriore assaggio, ci si può sempre rivolgere al British Museum, che espone preziosissimi manufatti in oro, sempre riconducibili al periodo delle nostre statue.
Occorre chiamare qui in Sardegna i più grandi archeologi dei paesi del Mediterraneo.
Occorre osare. Come hanno osato i nostri antenati nel realizzare quelle statue.
Infine, sulla loro collocazione finale. Ribadisco: non c'è neppure da discutere. Devono essere restituite al territorio che le ha viste nascere.
Se vi è la possibilità, facciamo anche viaggiare e volare le archeostar di Sardegna sicuri e certi che torneranno a casa. E con loro arriveranno turisti, occupazione e la riscoperta di quel mito sopito ma oramai insito nel DNA di ciascuno di noi. Il Sinis come la Stonehenge del Mediterraneo. Con a guardia i Giganti di Mont'e Prama". Red