«Il 2012 è stato un anno devastante per la Sardegna. L’analisi degli indicatori economici ci parla di una società sarda ripiegata su se stessa, sfiduciata, attraversata da un generale processo di impoverimento, senza una guida e una bussola che indichi una rotta». Lo dichiarano Bruno Marras e Francesco Porcu, presidente e segretario regionale della CNA Sardegna, nel tracciare il consuntivo dell’anno che si sta per chiudere. «Secondo le ultime stime il 2012 si chiuderà con una flessione del Pil della Sardegna tra il -1,7 e il -2%. Tra il 2012 e il 2007 la recessione dell’economia regionale è stata tale da riportare i livelli di reddito pro-capite addirittura al di sotto dei valori di inizio anni duemila – affermano i vertici dell’associazione artigiana -. Non sorprende che la percentuale delle famiglie residenti nell’isola che ha dichiarato all’Istat risorse economiche scarse o insufficienti sia passata dal 36% del 2000 al 48% del 2011, con un incremento del 4% solo negli ultimi 4 anni. In questo contesto – proseguono Marras e Porcu - la dinamica della spesa delle famiglie ha cominciato a registrare una marcata flessione già a partire dal 2007, e la spesa mensile media, al netto dell’inflazione, è passata dai 2.222 euro del 2007 ai 1.921 euro dell’anno passato (valori 2011). Un calo del -14% che va confrontato con il -8% registrato al livello nazionale e il -11% medio delle altre regioni del Sud».
«Anche il sistema delle imprese è ormai prostrato, indebolito da una pressione fiscale non più sostenibile (vedi IMU), dalle inadempienza della Pubblica Amministrazione (vedi crediti alle imprese) e dalla difficoltà di accesso al credito che quando viene concesso si avvicina a tassi da usura. Tutto questo – dichiarano i vertici CNA - accade in un contesto che si caratterizza per l’assenza di programmi e strategie: siamo di fronte a una sorta di vuoto pneumatico che priva le forze sociali del necessario confronto con il governo regionale sugli strumenti e le politiche che dovrebbero innervare un serio programma di governo che provi a contrastare la crisi economica. Ci sfuggono e sono per noi incomprensibili le ragioni per le quali non si apre il confronto – concludono Bruno Marras e Francesco Porcu -: non capiamo perché la Giunta Regionale rimandi la discussione sui contenuti della manovra di bilancio 2013 e con essa quella sulle priorità che in materia economico-istituzionale (confronto con lo Stato e assetto amministrativo interno –vedi province- ) devono essere messe in campo da qui alla fine della legislatura per promuovere il lavoro, sostenere l’occupazione e rilanciare lo sviluppo».
La situazione dell’industria sarda - Il settore industriale sardo, già penalizzato dai noti problemi strutturali (bassa competitività, scarsa internazionalizzazione, bassa diversificazione, basso livello tecnologico, ecc.),ha risentito quest’anno dell’indebolimento della domanda interna anche più di quanto osservato nel resto della Penisola. Stando alla Banca d’Italia circa il 66% delle imprese industriali ha indicato per il 2012 un assestamento della produzione su livelli decisamente inferiori rispetto al picco produttivo del 2005. La lunga durata della fase congiunturale sfavorevole e l’incertezza sull’evolversi della situazione stanno inducendo sempre più imprese a ridimensionare la propria capacità produttiva e gli investimenti, già ridotti nel 2011, hanno continuato a diminuire nel corso di quest’anno, segno che l’inasprirsi della crisi ha modificato le strategie di investimento delle aziende. Un segnale preoccupante, visto che le imprese manifatturiere che al primo manifestarsi della crisi avevano adottato strategie di internazionalizzazione o investimenti nell’innovazione e nella qualità del prodotto sono quelle hanno indicato una tenuta maggiore dell’attività e del fatturato nel biennio 2010-2011.
L’accesso al credito - Le imprese sarde hanno anche dovuto fare i conti con il progressivo inasprimento delle condizioni del mercato del credito, legato all’evolversi della crisi dei debiti sovrani e che si è riflesso in una progressiva riduzione del volume dei prestiti. Nei primi due trimestri del 2012 la variazione su base annua è stata addirittura superiore al -6%, portando a cinque i trimestri consecutivi di flessione. La contrazione del volume del credito – che per le imprese di minore dimensione era cominciato alla fine del 2008 - riguarda adesso anche le imprese di maggiori dimensioni, e con un’intensità anche superiore, dovuta sia al calo degli investimenti sia alla politica di prudenza delle banche, che continuano ad aumentare gli spread applicati alle imprese, in particolare a quelle ritenute più rischiose. Infatti, i tassi di interessi medi applicati alle imprese sono arrivati nella media del secondo trimestre del 2012 a superare l’8% annuo per quanto riguarda i prestiti a breve termine e superiori al 5% per quelli a media lunga scadenza. Anche i tassi di interesse applicati sui mutui non agevolati per l’acquisto di abitazioni sono cresciuti sensibilmente rispetto alla fine del 2010, portandosi al 5% medio annuo nel primo trimestre dell’anno (rispetto al 3,2% della fine del 2010).
Il 2012 si chiuderà per la Sardegna con una flessione del Pil tra il -1,7 e il -2%.
Nel 2011 il 48% dei residenti in Sardegna ha dichiarato risorse economiche scarse o insufficienti: questa percentuale è incrementata del 4% solo negli ultimi 4 anni
La spesa mensile media delle famiglie sarde, al netto dell’inflazione, è passata dai 2.222 euro del 2007 ai 1.921 euro del 2011: un calo del -14% rispetto al -8% registrato al livello nazionale e al -11% medio delle altre regioni del Sud
Nel 2012 il tasso di disoccpazione è cresciuto vistosamente arrivando a superare il 15% nella media dei primi tre trimestri dell’anno: 5 punti percentuale in più della media nazionale
Per il lavoro la Sardegna è la quartultima regione d’Italia dopo Calabria, Campania e Sicilia
Nei primi tre trimestri del 2012 in Sardegna la cassa integrazione è cresciuta di circa il 30%
Continua il calo delle presenze e degli arrivi di turisti: meno 5% il traffico di passeggeri verso la Sardegna nei primi 8 mesi del 2012
A metà del 2012 si sono contate 3.100 imprese artigiane in meno rispetto al 2008 ed è calato del 3% il numero degli addetti
“Subito il confronto sulla Finanziaria 2013 e su un programma di fine legislatura che fissi priorità e contenuti per promuovere il lavoro, sostenere l’occupazione e rilanciare lo sviluppo”
«Il 2012 è stato un anno devastante per la Sardegna. L’analisi degli indicatori economici ci parla di una società sarda ripiegata su se stessa, sfiduciata, attraversata da un generale processo di impoverimento, senza una guida e una bussola che indichi una rotta». Lo dichiarano Bruno Marras e Francesco Porcu, presidente e segretario regionale della CNA Sardegna, nel tracciare il consuntivo dell’anno che si sta per chiudere. «Secondo le ultime stime il 2012 si chiuderà con una flessione del Pil della Sardegna tra il -1,7 e il -2%. Tra il 2012 e il 2007 la recessione dell’economia regionale è stata tale da riportare i livelli di reddito pro-capite addirittura al di sotto dei valori di inizio anni duemila – affermano i vertici dell’associazione artigiana -. Non sorprende che la percentuale delle famiglie residenti nell’isola che ha dichiarato all’Istat risorse economiche scarse o insufficienti sia passata dal 36% del 2000 al 48% del 2011, con un incremento del 4% solo negli ultimi 4 anni. In questo contesto – proseguono Marras e Porcu - la dinamica della spesa delle famiglie ha cominciato a registrare una marcata flessione già a partire dal 2007, e la spesa mensile media, al netto dell’inflazione, è passata dai 2.222 euro del 2007 ai 1.921 euro dell’anno passato (valori 2011). Un calo del -14% che va confrontato con il -8% registrato al livello nazionale e il -11% medio delle altre regioni del Sud».
«Anche il sistema delle imprese è ormai prostrato, indebolito da una pressione fiscale non più sostenibile (vedi IMU), dalle inadempienza della Pubblica Amministrazione (vedi crediti alle imprese) e dalla difficoltà di accesso al credito che quando viene concesso si avvicina a tassi da usura. Tutto questo – dichiarano i vertici CNA - accade in un contesto che si caratterizza per l’assenza di programmi e strategie: siamo di fronte a una sorta di vuoto pneumatico che priva le forze sociali del necessario confronto con il governo regionale sugli strumenti e le politiche che dovrebbero innervare un serio programma di governo che provi a contrastare la crisi economica. Ci sfuggono e sono per noi incomprensibili le ragioni per le quali non si apre il confronto – concludono Bruno Marras e Francesco Porcu -: non capiamo perché la Giunta Regionale rimandi la discussione sui contenuti della manovra di bilancio 2013 e con essa quella sulle priorità che in materia economico-istituzionale (confronto con lo Stato e assetto amministrativo interno –vedi province- ) devono essere messe in campo da qui alla fine della legislatura per promuovere il lavoro, sostenere l’occupazione e rilanciare lo sviluppo».
La situazione dell’industria sarda - Il settore industriale sardo, già penalizzato dai noti problemi strutturali (bassa competitività, scarsa internazionalizzazione, bassa diversificazione, basso livello tecnologico, ecc.),ha risentito quest’anno dell’indebolimento della domanda interna anche più di quanto osservato nel resto della Penisola. Stando alla Banca d’Italia circa il 66% delle imprese industriali ha indicato per il 2012 un assestamento della produzione su livelli decisamente inferiori rispetto al picco produttivo del 2005. La lunga durata della fase congiunturale sfavorevole e l’incertezza sull’evolversi della situazione stanno inducendo sempre più imprese a ridimensionare la propria capacità produttiva e gli investimenti, già ridotti nel 2011, hanno continuato a diminuire nel corso di quest’anno, segno che l’inasprirsi della crisi ha modificato le strategie di investimento delle aziende. Un segnale preoccupante, visto che le imprese manifatturiere che al primo manifestarsi della crisi avevano adottato strategie di internazionalizzazione o investimenti nell’innovazione e nella qualità del prodotto sono quelle hanno indicato una tenuta maggiore dell’attività e del fatturato nel biennio 2010-2011.
L’accesso al credito - Le imprese sarde hanno anche dovuto fare i conti con il progressivo inasprimento delle condizioni del mercato del credito, legato all’evolversi della crisi dei debiti sovrani e che si è riflesso in una progressiva riduzione del volume dei prestiti. Nei primi due trimestri del 2012 la variazione su base annua è stata addirittura superiore al -6%, portando a cinque i trimestri consecutivi di flessione. La contrazione del volume del credito – che per le imprese di minore dimensione era cominciato alla fine del 2008 - riguarda adesso anche le imprese di maggiori dimensioni, e con un’intensità anche superiore, dovuta sia al calo degli investimenti sia alla politica di prudenza delle banche, che continuano ad aumentare gli spread applicati alle imprese, in particolare a quelle ritenute più rischiose. Infatti, i tassi di interessi medi applicati alle imprese sono arrivati nella media del secondo trimestre del 2012 a superare l’8% annuo per quanto riguarda i prestiti a breve termine e superiori al 5% per quelli a media lunga scadenza. Anche i tassi di interesse applicati sui mutui non agevolati per l’acquisto di abitazioni sono cresciuti sensibilmente rispetto alla fine del 2010, portandosi al 5% medio annuo nel primo trimestre dell’anno (rispetto al 3,2% della fine del 2010). Com-red