“Occorre pensare una nuova politica industriale e un nuovo modello di sviluppo per la Sardegna e per il Mezzogiorno", ha detto Giorgio Napolitano. Una politica "di investimenti pubblici non è facile perché bisogna pensarla nell'Europa di oggi e nel mondo di oggi. Siamo dinanzi a cambiamenti tecnologici nei grandi equilibri economici e politici del mondo da cui ci piaccia o non ci piaccia non possiamo prescindere". Quindi, ha concluso, "non si tratta di difendere quello che è stato ma di rinnovare il nostro patrimonio ed esperienza industriale e produttiva".
Napolitano ha auspicato l'avvio di una stagione di interventi per il rilancio dello sviluppo economico. "Sento la responsabilità" di dare il mio contributo a questo, ha detto chiudendo l'intervento, "visto che non rappresento né le banche, né il capitale finanziario, come qualcuno umoristicamente crede e grida".
Il Capo dello Stato ha avuto modo di ascoltare una serie di contestazioni nel corso delle tappe della sua visita a Cagliari. Prima alla stazione marittima, poi al Comune, infine al Teatro Lirico. Fra i contestatori: disoccupati, gruppi organizzati contro Equitalia, indipendentisti sardi e da ultimo il movimento del sindaci del Sulcis. Proprio quest'ultimi sembrano essere gli autori della definizione che Napolitano ha descritto, non senza fastidio, come umoristica.
Salutando il capo dello Stato, il presidente della Regione Ugo Cappellacci, in occasione del convegno sull'Unità d'Italia al Teatro Lirico ha ricordato che l'isola "sta vivendo il più grave dramma sociale nella storia dell'Autonomia"; eppure, ha aggiunto, "non vogliamo far mancare il nostro impegno per affrontare la situazione attuale, contribuendo a costruire anche con le nostre forze la tanto agognata ripresa, gettando le basi per la Sardegna e l'Italia di domani, quando la crisi potrà dirsi superata e la nostra economia tornerà a crescere e, ne siamo certi, a prosperare".
"Le riforme che si rendono necessarie per superare l'arretratezza che frena la nostra economia scontenteranno le categorie che finora si sono potute permettere di tirare avanti godendo il frutto di rendite di posizione e privilegi anacronistici che per la collettività sono ormai insostenibili", ha detto ancora Cappellacci.