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Ipertensione resistente ai farmaci, effettuato un intervento con tecnica di ablazione

A Sassari la prima procedura di cardiologia interventistica per la cura dell’ipertensione arteriosa resistente alla terapia farmacologica. È stata realizzata a dicembre scorso nel reparto di Cardiologia dell’ospedale di viale Italia, diretto da Pierfranco Terrosu, su una paziente di 66 anni in cura da oltre 25 anni per ipertensione arteriosa. L’intervento, che risulta essere anche il primo effettuato in Sardegna – fanno sapere i medici del reparto al primo piano del nosocomio sassarese –, ha avuto esito positivo e la paziente ha fatto ritorno a casa dopo pochi giorni di degenza. È stato realizzato anche grazie alla stretta collaborazione con il Centro di prevenzione, diagnosi e terapia dell’ipertensione arteriosa di San Camillo, diretto da Antonio Virdis.

 

I medici della Cardiologia sono intervenuti con una tecnica di ablazione, percutanea mediante radiofrequenza delle terminazioni nervose ortosimpatiche. Attraverso un accesso operato dall’arteria femorale, con un catetere hanno raggiunto l’arteria renale; quindi con un secondo catetere più sottile, un elettrodo, inserito all’interno del primo, i medici hanno erogato del calore in punti separati dell’arteria renale. Il calore generato dalla radiofrequenza a livello della parete del vaso comporta la distruzione delle delicate fibre nervose. L’operazione è stata poi effettuata anche sull’altra arteria renale.

 

«E’ stato realizzato in anestesia locale – precisa il cardiologo Giuseppe Sabino che lo ha effettuato – e si tratta di un intervento non traumatico che ha avuto la durata di 40 minuti circa. I risultati sono stati apprezzabili sin dall’inizio: i valori misurati all'interno dell'arteria al momento dell’inserimento dell’elettrodo, infatti, segnavano una pressione arteriosa di 280 millimetri di mercurio (mmHg) e dopo un’ora erano scesi a 160 mmHg. È il primo intervento di questo tipo che si fa in Sardegna».

 

La donna, attualmente seguita al Centro di prevenzione, diagnosi e terapia dell’ipertensione arteriosa di San Camillo, da 25 anni combatteva con un'ipertensione arteriosa severa e resistente che l'aveva portata a interpellare un gran numero di specialisti anche nella penisola ed era sottoposta a terapia farmacologica che, con il tempo, l’aveva costretta ad assumere contemporaneamente cinque farmaci anti-ipertensivi di tipo diverso. «La paziente – afferma Antonio Virdis – è giunta alla nostra osservazione con valori molto alti della pressione arteriosa, sia per quanto riguarda la minima che la massima, e nonostante i farmaci la condizione era resistente alla terapia». «Dopo l’intervento – prosegue – i valori sono scesi notevolmente e la paziente adesso, assumendo soltanto un farmaco, ha valori di pressione assolutamente normali».

I medici del Centro di ipertensione e della Cardiologia dell’ospedale stanno valutando altri pazienti che potrebbero beneficiare di questa metodica.

 

L’ipertensione arteriosa per essere definita resistente alla terapia deve persistere nonostante l’utilizzo di tre o più farmaci, uno dei quali deve essere un diuretico. «Si tratta di una patologia cronica particolarmente pericolosa – spiega ancora Antonio Virdis – perché può essere associata a un maggior rischio cardiovascolare, inclusi l’ictus, l’infarto del miocardio, l’insufficienza cardiaca e la malattia renale terminale».

 

L’ipertensione è considerata in tutto il mondo la terza causa di morte, preceduta dalla malnutrizione e dall’abitudine al fumo del tabacco. Un “killer silenzioso” che spesso colpisce anche soggetti che non sanno di essere ipertesi.

Il Progetto Cuore dell’Istituto superiore di Sanità fotografa una Sardegna di ipertesi: il 33 per cento degli uomini e il 29 per cento delle donne; in questo quadro il 13 per cento degli uomini e l’11 per cento delle donne sono in una condizione a rischio.

«Al Centro di San Camillo seguiamo alcune migliaia di pazienti ipertesi – afferma Antonio Virdis – e a Sassari potrebbero essere circa un centinaio i soggetti con ipertensione grave, resistente ai farmaci che potrebbero beneficiare di questa nuova opportunità».