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Ilva Taranto: l’azienda chiude l’impianto in Puglia, da Taranto a Genova, terremoto Ilva: a rischio 25mila posti

E' iniziato alle 7 lo sciopero proclamato da Fim, Fiom e Uilm all'Ilva di Taranto dopo l'annuncio dell'azienda di chiusura dello stabilimento in seguito ai provvedimenti di ieri della magistratura, tra i quali il sequestro dei prodotti finiti e semilavorati con divieto di commercializzarli. Lo sciopero durerà almeno 24 ore.

Poco dopo, prima delle 9, centinaia di operai dell'Ilva di Taranto hanno prima forzato i varchi della portineria D dello stabilimento e poi sono entrati anche nella Direzione del siderurgico occupandola.

Circa 1.500 metalmeccanici dello stabilimento Ilva di Genova, dopo una breve assemblea, sono usciti dallo stabilimento in corteo e si stanno dirigendo verso l'aeroporto di Genova. Con loro anche i cassa integrati dello stabilimento metallurgico.

Ieri l'azienda ha anche comunicato la chiusura dell'area a freddo, facendo rimanere a casa i lavoratori di quell'area. Domani è atteso il consiglio di amministrazione dell'Ilva ed è confermato, sempre per domani, l'incontro tra azienda e sindacati, già programmato per discutere della cassa integrazione annunciata per 1.942 dipendenti, prima della nuova bufera giudiziaria. Per giovedì è fissato un incontro tra governo, sindacati ed enti locali a Palazzo Chigi.

Per il presidente di Confindustria Genova, Giovanni Calvini, a questo punto "sono necessari interventi urgenti e straordinari ai massimi livelli istituzionali".

In una nota diffusa in serata, Calvini sottolinea che "le decisioni dei PM assunte oggi hanno costretto l'ILVA a bloccare da subito gli impianti a freddo dello stabilimento di Taranto". "Inevitabilmente la decisione di bloccare vendita e produzione causerà non solo il blocco dello stabilimento di Genova, ma di innumerevoli altre aziende che senza le forniture dell'ILVA non possono produrre".

La decisione dell'Ilva di chiudere a Taranto ha ricadute dirette e immediate sugli stabilimenti del capoluogo ligure, che danno lavoro a 1.760 persone: se Taranto chiude, a Cornigliano si smette di lavorare, perché lo stabilimento genovese ha bisogno di quelle forniture per fare il suo lavoro.
I sindacati sull'intera vicenda non hanno mai nascosto tutta la loro preoccupazione. Ma ora dalla rabbia i lavoratori sono pronti a passare all'indignazione: "Senza Taranto, Genova ha un'autonomia di quattro giorni - ha detto il segretario della Fiom genovese, Francesco Grondona - Aspettiamo di capire meglio quanto sta accadendo, ma una cosa è certa: non saremo gli agnelli sacrificali di nessuno. Siamo contrari a qualsiasi ipotesi di chiusura. Se così fosse, allora muoia Sansone con tutti i filistei". Un corteo è stato convocato dai sindacati per domani.

Il sindaco, Marco Doria, in serata ieri si è detto molto preoccupato per la situazione: "A Taranto esiste la concretissima possibilità di un blocco totale delle attività dell'Ilva - ha dichiarato - e questo apre scenari che non è esagerato definire drammatici". Il Comune, ha precisato Doria, sarà al fianco dei lavoratori: "Genova è sin d'ora disponibile a discutere con le amministrazioni regionali e cittadine delle aree in cui sono ubicati gli stabilimenti dell'Ilva, le necessarie forme di mobilitazione per restituire alla politica il ruolo che essa deve avere".

Con la chiusura dell'impianto a freddo dell'Ilva di Taranto rischiano di restare a casa 5.000 lavoratori, e a cascata i circa 2.500 lavoratori degli stabilimenti Ilva di Genova, Novi Ligure e Marghera per un totale di 7.500 lavoratori, oltre il 20% degli occupati nel settore dell'acciaio in Italia.
Con l'Indotto si arriva a 25.000 lavoratori, calcola Confindustria, e l'impatto della chiusura potrebbe così comportare costi per un miliardo di euro che saranno a carico della collettività, tra cassa integrazione imposte e oneri sociali.

Nel nostro Paese, secondo quanto si legge nell'ultima statistica di Federacciai, nel 2011 erano occupati nell'acciaio 36.898 lavoratori con un calo di circa 600 unità rispetto al 2009 (ma un aumento nei due anni di quasi il 15% delle ore lavorate). In Italia si sono prodotti nel 2011 28.735.000 tonnellate, una quantità inferiore solo alla Germania (44 milioni di tonnellate). Nell'Ue nell'anno sono state prodotte 177 milioni di tonnellate. Sempre secondo Confindustria, la chiusura dello stabilimento avrà ricadute anche sulla bilancia commerciale, con extra costi anche nell'approvvigionamento che potrebbero arrivare tra i 4,5 e i 7 miliari di euro l'anno.

 L'Ilva rappresenta una parte consistente del comparto dell'acciaio con 11.500 lavoratori nel solo stabilimento di Taranto (5.000 nell'impianto a freddo per il quale è stata annunciata la chiusura). Gli altri impianti sono a Genova (1.600 lavoratori, a Novi Ligure (800 lavoratori), a Marghera (120) e a Racconigi (Cuneo).

Lo stabilimento di Taranto produce circa 9 milioni di tonnellate di acciaio l'anno mentre gli altri stabilimenti si limitano a trasformarlo. Ieri il provvedimento della magistratura ha sequestrato il prodotto dell'area a caldo (quella inquinante) lavorato negli ultimi quattro mesi. In questo modo, secondo l'azienda, l'area a freddo non può lavorare perché se lo trasforma in prodotto finito rischia, come è accaduto per quello prodotto fino ad oggi, di cadere in un nuovo sequestro. Per lo stabilimento di Genova ci sarebbe materiale solo per una settimana, per quello di Novi Ligure per due settimane.