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Incontro Napolitano-Berlusconi: restano le distanze tra i due.

Un incontro interlocutorio, che non deve aver soddisfatto nessuno dei due. Silvio Berlusconi, si ragiona in ambienti parlamentari, non sembra aver convinto pienamente Giorgio Napolitano. 

Nei trenta minuti di colloquio con il capo dello Stato, e nonostante i ripetuti moniti del Colle, il Cavaliere non scioglie i nodi che il Quirinale vorrebbe veder risolti quanto prima, a cominciare dalla stabilità della maggioranza, dal decreto sviluppo e dal nome del successore di Mario Draghi a Bankitalia. Anzi, il presidente del Consiglio, nel cercare di rassicurarlo, non fornisce ancora soluzioni concrete e si limita a prendere tempo. 

Il presidente del Consiglio sale al Colle a poche ore dall'ennesima fiducia incassata a Montecitorio. In questi giorni ha avuto solo parole positive per Napolitano. E la posizione del Quirinale sullo stop al rendiconto di bilancio ha rafforzato questi giudizi. Ed è proprio il voto di fiducia il primo argomento che il Cavaliere, raccontano, avrebbe affrontato con il presidente della Repubblica. Per sottolineare la tenuta della maggioranza, che ha retto nonostante l'ennesimo "agguato" delle opposizioni, e per sostenere che i numeri in Parlamento gli danno ancora ragione. 

Ma Napolitano, riferiscono fonti della maggioranza, avrebbe ammonito il premier sul fatto che il voto di oggi non basta a risolvere tutti i problemi: un po' perché non si può andare avanti a colpi di fiducia, un po' perché il centrodestra sembra sull'orlo di perdere altri pezzi. Ma il capo del governo gli avrebbe ribadito la volontà di andare avanti, almeno fintanto che avrà una maggioranza in Aula. Parole che Berlusconi ripete a tutti gli interlocutori che lo chiamano per congratularsi: intendo resistere fino al 2013 e non ho nessuna intenzione di andare a elezioni anticipate. "Anche il referendum non lo spaventa - assicura un dirigente del Pdl -, anzi, se passasse, sembra intenzionato a cavalcarlo così da costringere l'Udc a schierarsi di qua o di la"'. 

Al Colle, però, si toccano anche altri temi. A cominciare dalla politica economica. Napolitano vuole sapere della legge di stabilità e dei pesanti tagli che rischiano di paralizzare l'attività in alcuni ministeri. Ma anche su questo, raccontano, avrebbe trovato un Berlusconi rassicurante: metà del gettito derivante dalle frequenze andrà al comparto sicurezza e alla Difesa; il resto per abbattere il debito, gli avrebbe detto. Il Cavaliere avrebbe minimizzato anche i malumori contro Tremonti, citando ad esempio la soddisfazione di Stefania Prestigiacomo. 

Rassicurazioni simili il Cavaliere le avrebbe fornite sul decreto sviluppo, promettendo di portarlo in Cdm la settimana prossima. Ma senza anticipare dettagli su contenuti e risorse. L'impressione fra chi bazzica palazzo Grazioli, però, è che il Cavaliere non abbia nessuna voglia di forzare la mano al ministro dell'Economia, da lui stesso ringraziato per aver messo in sicurezza i conti. "Il clima, con la fiducia è destinato a cambiare e nessuno, nemmeno un Tremonti 'ammaccato', ha voglia di nuove tensioni", assicurano a via dell'Umiltà. Ma proprio i numeri 'ballerini' della Camera impediscono al premier di mettere spalle al muro Tremonti, come gli chiedono in tanti nel Pdl. E questo, come sa bene anche il Colle, potrebbe generare ulteriori malumori con conseguenti rischi per l'Esecutivo. Anche per questo Berlusconi ha promesso di essere più presente in Aula, chiedendo ai ministri di fare altrettanto. 

Stesse distanze si sarebbero registrate fra Colle e palazzo Chigi sul futuro governatore di Banca d'Italia. Al Quirinale speravano che Berlusconi salisse con in tasca un singolo nome. E invece il Cavaliere avrebbe preso ulteriormente tempo, spiegando di avere solo una rosa di nomi, proprio ciò che il Quirinale non avrebbe voluto sentirgli dire: Fabrizio Saccomanni, Vittorio Grilli, Domenico Siniscalchi e Lorenzo Bini Smaghi. Un nome, quello dell'attuale membro del board della Bce, che pare abbia 'sorpreso' non poco gli ambienti quirinalizi, anche in considerazione della querelle sulla data del suo addio a Francoforte per far posto a Mario Draghi.