Sindacati sul piede di guerra contro la possibilità che il governo renda più facili i
licenziamenti in caso di stato di crisi delle aziende: se l'esecutivo, infatti, metterà in atto quanto profilato nella lettera alla Ue, Cisl Uil e Ugl sono già pronte, insieme, ad uno sciopero generale mentre la Cgil denuncia le "norme a incubo" e chiama alla mobilitazione ma anche ad un'azione unitaria tra sigle sindacali. Un'eventualità,
questa, che sarà verificata nei prossimi giorni. Oggi a Roma manifestazioni di Uil e Cgil. Il Governo ha preso "impegni chiari", sottolinea invece Confindustria. E Bruxelles avverte: vigileremo.
"Se il governo dovesse, senza il consenso delle parti sociali, modificare l'assetto dei licenziamenti la Cisl andrà allo sciopero", minaccia il leader Cisl, Raffaele Bonanni che ribadisce, in un fronte comune con Uil e Ugl, il suo no alle ipotesi del governo. "Non siamo d'accordo a mettere mano ai licenziamenti. Ci sembra una provocazione mentre il Paese ha bisogno di coesione mentre questo discorso porta alla rottura", prosegue, rivendicando al suo sindacato di aver lavorato sempre per unire, come sulla cassa integrazione in deroga.
E un no, deciso, arriva anche dalla Uil. "Se il Governo dovesse intestardirsi in questa scelta unilaterale faremo lo sciopero. I licenziamenti sono un feticcio", commenta il leader della confederazione di via Lucullo, Luigi Angeletti, forte di un documento
approvato oggi dalla segreteria che giudica "del tutto sbagliato l'impegno assunto dall'esecutivo" che si traduce in una "scelta in totale contraddizione" con quanto realizzato in questi anni di crisi. Per la Uil, infatti, la strada è un'altra: "finanziare l'occupazione e non spendere soldi per finanziare la disoccupazione".
È proprio per questo che, secondo Angeletti, la soluzione sui licenziamenti profilata dal governo è assolutamente "platonica", di immagine: "non la vogliono neppure gli industriali. Non ho mai visto nessuna azienda chiedere di licenziare individualmente senza la mobilità o la cassa integrazione. Perché ? E perché non hanno chiesto di modificare la legge? Non l'hanno fatto perché non conviene. Perché, per gli industriali, non è una priorità", dice ancora.
Mobilitazione continua anche per la Cgil. "Reagiremo con la forza necessaria", annuncia il sindacato contro le "norme a senso unico contro il lavoro ed il modello sociale italiano". Il governo, d'altra parte, denuncia il leader Susanna Camusso, "è incapace di decidere e agire, è capace solo di prendere ordini" come dimostra il
fatto che "nella lettera all'Unione Europea non c'è nulla che riguardi la crescita, non c'è nessuna risposta positiva per l'Italia. Ci si gloria di quel che si è fatto mentre siamo sorvegliati speciali", prosegue Camusso indicando come serva al contrario
costruire percorsi d'ingresso al lavoro per i giovani e per le donne .
"Invece si parla di licenziamenti. L'opposto di ciò che serve al Paese", aggiunge Camusso. E la Cgil si ritroverà in piazza già venerdì con i pensionati dello Spi, e ancora sabato, con i lavoratori della conoscenza ma soprattutto il 3 dicembre con una manifestazione nazionale a Roma, a San Giovanni, per riportare al centro dell'agenda del Paese le questioni del lavoro.
Sciopero generale invece anche per l'Ugl che continua a chiedere un'iniziativa unitaria. "Siamo pronti ad uno sciopero generale, meglio ancora se unitario", dice il segretario generale Giovanni Centrella. "Di fronte all'ennesimo provvedimento contro lavoratori e pensionati, senza un briciolo di condivisione con le parti sociali e di equa distribuzione dei sacrifici, non c'è alternativa", aggiunge.
Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, prova buttare acqua sul fuoco.
"L'obiettivo è assumere non licenziare. Apriremo presto un tavolo di confronto con le parti sociali, che invitiamo ad approfondire il merito senza pregiudizi", cerca di rassicurare garantendo come sia "falso parlare di licenziamenti facili" e come questo serva "solo a spaventare una società già insicura ma non rappresenti le misure suggerite dall'Europa ed accolte dall'Italia con altre proprie integrazioni".
Non rinuncia però ad attaccare Pd e Cgil accusate di "dire no a priori dimostrando di essere inadatti a governare, in questo tempo di grandi cambiamenti" e invitando tutti al "dialogo" e ad un "atteggiamento responsabile, magari di controproposta, per un percorso costruttivo, perché con i 'no' in questi tempi non facciamo