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Guai in vista per il governo: la maggioranza si sta sfaldando.

Voto al Senato sulla 'prescrizione breve'. E fronda degli scajoliani alla Camera, dove la prossima settimana potrebbero arrivare firme su un documento che mette nero su bianco il 'forte disagio' di quella parte del PdL che ormai ipotizza un cambio di leadership per non arrivare condannata alla sconfitta all'appuntamento del voto. 

Sono i due nuovi fattori di rischio per la maggioranza, alle prese con la scossa dei
gruppi di Scajola e Pisanu.

L'ex ministro sta guidando la mano del deputato-ghost writer che sta mettendo nero su bianco il messaggio che gli scajoliani - allargati ad alcuni deputati delusi dell'area ex FI - sarebbero pronti a lanciare dalla prossima settimana.  Gli scajoliani intendono chiedere al premier di "guidare" l'avvio di una nuova fase allargata al Terzo Polo, ma anche ad altri settori del Pd ostili all'ipotesi di voto anticipato. Sembra l'identikit
di un Berlusconi-bis, ma in realtà prevede un passaggio - quello delle dimissioni del presidente del Consiglio - che lascia intendere la possibilità di sostenere anche soluzioni diverse.

 Loro, gli scajoliani, sperano di arrivare a un numero tale da consentire di fatto la nascita di un gruppo di pressione capace fin dalla prossima settimana di tenere sulla graticola l'esecutivo.

 Qui a preoccupare Palazzo Grazioli è il forte attivismo di Santo Versace con i suoi colleghi per sostenere un cambio a Palazzo Chigi. Parlano di contatti ben avviati con Calogero Mannino. Giurano che anche Baccini e Galati, se Berlusconi dovesse cadere, non esiterebbero a sostenere altre soluzioni. Sulle intercettazioni difficilmente qualcuno si esporrà apertamente, ma in caso di eventuale scrutinio segreto sul voto finale potrebbero arrivare sorprese. Altri, invece, invitano a osservare con attenzione il "lavorio silenzioso" del Senato.

 A Palazzo Madama Beppe Pisanu guarda al primo appuntamento utile per
marcare una distanza, la prescrizione breve. Intanto l'ex responsabile del Viminale si impegna per aggregare consensi. Della partita sarebbe anche Lamberto Dini. E dal Terzo Polo si spera proprio nel presidente dell'Antimafia, ancor più che
nell'attivismo di Scajola. Nota negativa, per le opposizione, sarebbe però il possibile addio alla componente di Fli di Palazzo Madama del senatore Egidio Digilio.

 Slitta ancora intanto il decreto sullo sviluppo. La dead line è stata fissata al 20 ottobre e a coordinare il lavoro per mettere insieme le proposte di ministri, gruppo parlamentare Pdl e alleati sarà il ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani. Dal vertice del Pdl a Palazzo Grazioli esce uno schema che, sancita almeno formalmente una tregua fra il premier Silvio Berlusconi e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, rimette al centro della scena lo spirito della collegialità tanto invocato in queste settimane. Tanto che il ministro della difesa, Ignazio La Russa, sintetizza: "sul decreto sviluppo ci sta lavorando personalmente il presidente del Consiglio e i ministri competenti, e un po' anche Tremonti".

Sarà Romani, dunque, quell'interlocutore capace di dialogare con le richieste e le iniziative della maggioranza, da una parte, e con il titolare del Tesoro, dall'altra. Il nodo da sciogliere, come sempre, è quello delle risorse da mettere in campo. Una cosa è confrontarsi su un provvedimento a costo zero, come più volte indicato dallo stesso Tremonti, altra cosa farlo ipotizzando misure per la crescita che devono essere finanziate.

 Proprio guardando a questa seconda prospettiva, nel Pdl si avanzano proposte che vanno dal condono fiscale a una mini patrimoniale, dalle dismissioni degli immobili pubblici a un nuovo intervento sulle pensioni, su cui però pesa sempre il veto della Lega. Per uscire dallo stallo attuale, riferiscono fonti della maggioranza, lo stesso Berlusconi penserebbe a lanciare un segnale forte con qualche misura di peso, proprio sul fronte fiscale. La misura che, secondo fonti di governo, sembra più praticabile è
quella di un concordato preventivo di due anni, quindi non una tantum, da legare all'attuazione della delega fiscale.

 "Lo slittamento del Consiglio dei ministri per il dl sviluppo - denuncia Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni Economiche del Gruppo del Pd alla Camera - dimostra che governo e maggioranza sono nel caos, tutti contro tutti. E' particolarmente grave che nello stato di confusione in cui si trovano, anziché gettare la spugna per incapacità manifesta, il Pdl osi riproporre un nuovo condono, anziché annunciare il concordato fiscale con la Svizzera, sul modello di altri paesi europei. Da parte nostra non ci sono dubbi: contro il condono siamo pronti ad alzare le barricate perché sarebbe la fine di uno Stato già in ginocchio, nel quale avrebbero la meglio solo e soltanto gli evasori".