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Usa, Gb e Francia: ultimatum a Gheddafi

Gheddafi annuncia a sorpresa la sospensione dell'offensiva contro gli insorti, ma i raid contro il regime di Tripoli sono ormai pronti: Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e alcuni Paesi arabi stasera hanno lanciato un ultimatum al leader libico chiedendo la fine "immediata" di "tutti gli attacchi" contro la popolazione e di fermare l'avanzata contro Bengasi e altre città in mano ai ribelli. 

Il bluff del Colonnello alla comunità internazionale non ha retto a lungo. Poche ore dopo aver annunciato di voler scatenare "l'inferno" su Bengasi, la città insorta in armi contro il suo ultra quarantennale regime esattamente un mese prima, il rais libico ha ordinato un cessate il fuoco quando i caccia francesi e britannici, assieme a quelli americani, italiani e di qualche Paese arabo, stavano gia' scaldando i motori dopo aver ottenuto il via libera ieri sera dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per imporre una no-fly zone rafforzata.

"La Libia non ha paura", ha detto questa mattina con la consueta sprezzante arroganza il secondogenito del Colonnello, Saif al Islam, annunciando l'invio a Bengasi dei reparti anti-terrorismo per disarmare i ribelli. Un messaggio all'Occidente per ribadire che gli insorti sono "terroristi legati ad Al Qaida", come suo padre ha ripetuto in ogni discorso pubblico dall'inizio della rivolta. E lo stesso Gheddafi è tornato a minacciare nuovamente la comunità internazionale promettendo di "trasformare in un inferno la vita" di chi attaccherà la Libia. Poco dopo, il Colonnello ha affidato al suo ministro degli Esteri, il fedelissimo Mussa Kusa, l'ultima carta a sorpreso: l'annuncio di una "tregua immediata per difendere la popolazione civile, in linea con la risoluzione delle Nazioni Unite". 

"Gheddafi sarà giudicato dai fatti e non dalle parole", è stata la risposta del premier britannico David Cameron. "E' un altro bluff", ha commentato invece il capo militare degli insorti, Khalifa Heftir, secondo il quale "Gheddafi e la sua famiglia sono dei bugiardi". 

E per smascherare la 'bugia' non si è dovuto attendere molto. Mentre Mussa Kusa annunciava la tregua, infatti, le truppe lealiste riversavano una pioggia di fuoco su Misurata, ultima roccaforte dei ribelli nell'ovest del Paese, a circa 200 chilometri da Tripoli. L'attacco - secondo testimoni e fonti degli insorti - è andato avanti per ore, a colpi di artiglieria pesante. Dopo le bombe, i lealisti hanno tentato di entrare in città con "circa 25 carri armati", secondo fonti dei ribelli. Lo stato maggiore degli insorti ha lanciato un appello in serata alle proprie forze a concentrarsi nella cittadina di Al Magrun, a circa 50 chilometri da Bengasi, "per bloccare l'avanzata" dei governativi. 

Il governo libico, che ieri annunciava di aver riconquistato Misurata, ha negato che oggi ci sia stata un'operazione militare contro la città portuale di circa 400 mila abitanti sul golfo della Sirte. "Siamo alle porte di Bengasi ma non intendiamo entrare in città, l'esercito non ha sparato un solo colpo da quando e' in vigore la tregua", ha detto il vice ministro degli Esteri, Khaled Kaaim, in una conferenza stampa. Ma fonti ospedaliere lo smentiscono e parlano di "almeno 25 morti tra i civili, tra cui alcuni bambini". 

Secondo fonti dei ribelli, inoltre, le truppe governative sarebbero intenzionate ad utilizzare 'scudi umani' nel caso di raid aerei della coalizione dei volenterosi. 

Per la Francia, che ha spinto piu' di ogni altro Paese per far passare la risoluzione contro il regime di Tripoli, la minaccia sul terreno resta, nonostante l'annuncio della tregua. E il presidente Nicolas Sarkozy ha convocato per domani a Parigi una conferenza sulla Libia con Ue, Unione africana e Lega araba, cui sara' presente anche il segretario di stato Usa Hillary Clinton. Ci sara' anche la il segretario generale dell'Onu, Ban ki-moon. La riunione servirà a definire la strategia militare da adottare per frenare le violenze sulla popolazione civile, nell'ambito della risoluzione approvata ieri al Palazzo di vetro. La Nato, invocata dall'Italia ma poco gradita alla Francia, accelera intanto i piani militari mentre il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, annuncia che l'Italia parteciperò alle operazioni mettendo a disposizione mezzi e basi militari.

La risoluzione 1973 ha dato il via libera ai militari ma ha anche permesso di bloccare da subito i voli commerciali da e per la Libia, consentendo al contempo di inasprire le sanzioni economiche. Chiusi anche i rubinetti della Noc, la compagnia petrolifera libica, che detiene i maggiori giacimenti di greggio dell'Africa. Niente petrolio dunque per Cina, Russia e India - il rais aveva minacciato due settimane fa di sostituire le compagnie occidentali operanti in Libia, Italia compresa, con quelle di Paesi più in sintonia col suo regime - come sperava il Colonnello per continuare a finanziare la sua guerra privata per mantenere il potere conquistato con un colpo di stato incruento il primo settembre del 1969.

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