Washington, 14 Nov 2025 - L'ombra del ricatto spunta in una delle email di Jeffrey Epstein riguardanti Donald Trump. Ma cosa succederebbe se nei restanti file sul defunto finanziere pedofilo, gelosamente custoditi dal Ministero della Giustizia, ci fossero informazioni ancora più compromettenti di quelle trapelate finora dai suoi messaggi di posta elettronica?
È l'interrogativo che aleggia prima del voto in aula al Congresso, annunciato per la prossima settimana dallo speaker repubblicano della Camera, Mike Johnson, dopo mesi di rinvii tattici. Il giuramento della neo-eletta deputata democratica Adelita Grijalva consente di raggiungere il quorum di 218 firmatari di una petizione sul disegno di legge che obbligherebbe la procuratrice generale Pam Bondi a rendere pubblici tutti i documenti sul caso.
Ci si aspetta il sostegno di circa cento repubblicani, nonostante Trump abbia accusato i Democratici di cavalcare l'ennesima montatura. La strada è in salita invece al Senato. Se il provvedimento passasse, il presidente potrebbe usare il potere di veto: non senza però irritare la sua base Maga e far aumentare i sospetti che nasconda davvero qualcosa, oltre ad alimentare le teorie cospirative secondo cui Epstein non si sia suicidato in cella ma sia stato ucciso, come ha insinuato più volte il fratello Mark.
Il clima è “avvelenato” è non sarebbe strano se da qui al voto del Congresso quotidianamente venissero alla luce nuove mail “svelate” dalla stampa e dalla Commissione del congresso. Già due giorni fa le email svelate da NYT e CNN, successive al patteggiamento di Epstein del 2008, altamente compromettenti per Donald Trump. In una mail del 2011 a Maxwell, Epstein affermò che Trump era "il cane che non ha abbaiato, che sapeva delle ragazze ma non ha parlato", accrescendo i sospetti di una sua possibile omertà.
Inoltre, Epstein notò come la vittima Virginia Giuffre avesse passato "ore a casa mia con lui", ma Trump non fu mai indagato, suggerendo una copertura politica.
Il terzo elemento chiave è lo scambio del 2019 con il giornalista Michael Wolff: in previsione delle domande dei media, Epstein cercò di elaborare una risposta per Trump, ma Wolff rispose consigliandogli di "lasciarlo impiccarsi da solo" per ottenere una "preziosa valuta politica". Tutta la corrispondenza, insomma, evidenzia che Epstein teneva sotto controllo la situazione di Trump per sfruttarla a proprio vantaggio.
A creare un clima velenoso sono le ulteriori rivelazioni legate agli oltre 20mila documenti pubblicati dalla Commissione Vigilanza della Camera.
Dalle carte emerge l'ombra di un ricatto da parte di Epstein, che monitorava le decisioni politiche dell'ex amico Donald, setacciava le sue finanze e lasciava intendere di possedere informazioni compromettenti sul tycoon, offrendosi addirittura come insider ai russi prima del famigerato vertice con Putin ad Helsinki, tramite l'ex premier norvegese Thorbjorn Jagland, che all'epoca guidava il Consiglio d'Europa.
Una delle nuove email più significative risale alla fine del 2018, quando le autorità si stavano avvicinando a Epstein e il Miami Herald puntava il dito contro l'allora segretario al Lavoro di Trump, che aveva approvato il controverso patteggiamento del finanziere nel 2008 per favoreggiamento della prostituzione minorile.
Allora Epstein scrisse a un conoscente: "È pazzesco, perché io sono l'unico in grado di abbatterlo".
Tre anni prima, quando la campagna presidenziale di Trump stava prendendo slancio, il finanziere chiese a Landon Thomas Jr allora giornalista del New York Times: "Vuoi foto di Donald e ragazze in bikini nella mia cucina?"
Epstein gli raccontò anche di un episodio in cui il tycoon era "così concentrato a guardare giovani donne in piscina da sbattere contro una porta, lasciando l'impronta del naso sul vetro". "So quanto è losco Donald", scrisse in un'altra email del 2018 a proposito dei pagamenti in nero di Trump alla pornostar Stormy Daniels.
Nel 2012 invece, Epstein si rivolse a uno dei suoi avvocati, Reid Weingarten, suggerendo di far indagare sulle finanze di Trump, inclusi il mutuo di Mar-a-Lago e un prestito da 30 milioni di dollari. Il 13 giugno 2019 il suo contabile di lunga data, Richard Kahn, lo informò di aver appena finito di esaminare la dichiarazione finanziaria federale di Trump, definendola "100 pagine di assurdità" e individuando nove "scoperte interessanti" su debiti, redditi e fondazioni di The Donald.
Dai carteggi emerge inoltre che Epstein insultava ripetutamente Trump: in una email di gennaio 2018 al giornalista Michael Wolff lo definiva "Dopey Donald" (Stupido Donald) e "Demented Donald" (Demente Donald), affermando che le sue finanze erano "tutte una farsa".
Ma il più strano dei messaggi è il "promemoria" del primo febbraio 2019 che Epstein inviò a sé stesso: "Trump sapeva tutto... ed è venuto a casa mia molte volte durante quel periodo. Non ha mai ricevuto un massaggio". Un'email che, sebbene scagioni il Presidente da possibili accuse di abusi (come aveva fatto Virginia Giuffre, una delle vittime), smentisce la sua versione, quella secondo cui ignorava il traffico sessuale di minorenni del finanziere.












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