Ankara, 15 Magg 2023 – In Turchia il conteggio dei voti è quasi al termine. E Dopo i primi dati che davano Erdoğan intorno al 59%, e quindi vincitore al primo turno, piano piano con lo scorrere delle ore il vantaggio si è assottigliato e poi il Presidente uscente è sceso sotto il 50% e si è aperta la strada per il ballottaggio del 28 maggio.
L’spirante dittatore, da quasi 20 anni al potere diventato poi sempre più assoluto cercando di eliminare con false accuse l’opposizione e gli oppositori, come ha fatto sempre il satrapo e criminale di guerra Putin”, Kılıçdaroğlu non è riuscito nell’impresa di battere il “Sultano” Erdogan al primo turno ma ottiene un risultato che, comunque sia, è storico: ha incrinato, per la prima volta in 20 anni, il suo potere.
Kemal Kılıçdaroğlu ha promesso di vincere al ballottaggio il 28 maggio, se Erdogan non escogita qualche imbroglio per vincere perché la sua sconfitta sarebbe pericolosa per lui e i suoi compagni di viaggio: "Se la nostra nazione dice secondo turno, vinceremo assolutamente il secondo turno", ha dichiarato ai giornalisti. "Questa volontà di cambiamento nella società è superiore al 50%".
Il Presidente Recep Tayyip Erdoğan ha sottolineato di essere chiaramente molto più avanti di Kılıçdaroğlu nel voto, anche se non dovesse vincere al primo turno. Erdoğan, parlando nella sede del suo partito ad Ankara, ha dichiarato di essere in vantaggio di 2,6 milioni di voti sul principale candidato dell'opposizione. "Nel corso della nostra vita politica, senza eccezioni, abbiamo sempre rispettato la decisione della volontà nazionale. La rispettiamo anche in queste elezioni e la rispetteremo nelle prossime", ha dichiarato. Erdogan ha anche detto di aspettarsi di vincere al primo turno.
L’attesa di come andrà a finire la sfida è grande, e non solo nel paese della “Mezza Luna” ma anche a livello internazionale vista la sua posizione di cerniera tra Asia ed Europa. Paese di passaggio per i flussi migratori (secondo i dati ufficiali, la Turchia ospita 3.447.837 rifugiati siriani a marzo 2023) che sono diventati uno strumento di contrattazione tra Ankara e l'Unione europea.
Indipendentemente dal risultato elettorale, la migrazione rimarrà probabilmente una questione spinosa per gli anni a venire. Nella sua campagna elettorale, il blocco dell'opposizione ha delineato una soluzione in quattro fasi alla crisi dei migranti in Turchia. In primo luogo, vuole cercare di fare pace con i vicini e "sedersi al tavolo" con il governo siriano.
La migrazione e il controllo delle frontiere rimarranno anche fondamentali per le relazioni Ue-Turchia. Nel 2016 è stato raggiunto l'accordo sui rifugiati Ue-Turchia, che mirava a fermare l'afflusso rimandando in Turchia i migranti sorpresi a entrare irregolarmente in Grecia. Per ogni siriano rimpatriato, un altro sarebbe stato collocato in Unione europea. In cambio, Bruxelles ha promesso di dare ad Ankara 6 miliardi di euro per aiutare ad accogliere i siriani, oltre alla liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi. E l’accordo ha anche punti oscuri che sono sotto la lente di molte istituzioni internazionali.
E a Bruxelles si guarda con attenzione a ciò che succede in Turchia. La sconfitta di Erğogan potrebbe avere due effetti: la riapertura di un dialogo con Ankara per l'adesione della Turchia nell'Ue e lo sblocco dell'impasse sull'ingresso della Svezia nella Nato. Le "nostre relazioni negli ultimi anni hanno avuto progressi limitati, per usare un eufemismo", spiegava alla vigilia del voto turco un alto funzionario europeo. Il terremoto che ha colpito Turchia e Siria ha portata una solidarietà dell'Ue ma rimane il fatto che su diversi dossier Ankara e Bruxelles la vedano diversamente. E sicuramente hanno suscitato interesse le dichiarazioni di Kılıçdaroğlu sulla "forte volontà di rinvigorire le relazioni" con l'Europa e sulla volontà di riformare il sistema politico e giudiziario del Paese, che per l'Ue sarebbe in ogni caso una conditio sine qua non per aprire i negoziati di adesione.
E anche gli Stati Uniti guardano con interesse a queste elezioni come riporta il New York Times. Gli Usa ritengono che attraverso la Turchia siano passate le esportazioni illecite, alla Russia, di molti beni, inclusi i chip per computer. E criticano il blocco di Ankara all'ingresso della Svezia nella Nato perché, secondo Recep Tayyip Erdoğan, troppo accomodante con i curdi. Una vittoria di Kemal Kılıçdaroğlu potrebbe aprire nuove strade alle relazioni fra Stati Uniti e Turchia come spiega Alper Coşkun del Carnegie Endowment for International Peace. Kılıçdaroğlu infatti "offre una visione diversa", con una linea più dura sulla Russia e probabilmente una Turchia che tornerebbe ad un modello di democrazia più europeo, aggiunge Coskun osservando come in Kılıçdaroğlu gli Stati Uniti “troverebbero un interlocutore con cui sarebbe più facile accordarsi sui termini della relazione fra i due paese". In ogni caso, mette in guardia Coşkun, un cambio di leadership non risolverebbe le tensioni bilaterali fra i due paesi, soprattutto quelle relative al sostegno americano ai combattenti curdi in Siria e Iraq.
Ma la migrazione però non saranno il problema principale che, chiunque vinca, deve affrontare: l’inflazione e la crisi economica e la devastazione del terremoto sono le emergenze di un Paese dove i giovani soprattutto sono proiettati verso un mondo non più ancorato a stereotipi arcaici e conservatori. Un Paese che festeggia, nel 2023, i cento anni dalla nascita della Repubblica turca.
L'affluenza alle elezioni presidenziali in Turchia ha sfiorato il 90%, fermandosi all'88,29%. Lo riporta l'emittente televisiva turca Trt (l’azienda radiotelevisiva statale turca.) Di poco inferiore l'affluenza invece alle elezioni parlamentari, dove ha votato l'85,26% degli aventi diritto.
Con l'85% dei voti scrutinati, la coalizione che appoggia Erdogan e composta dall'Akp e dai nazionalisti dell'Mhp, ha la maggioranza in Parlamento con 320 seggi su 600. Secondo i dati forniti dall'agenzia Anadolu, infatti, l'Akp conquista 268 seggi, confermandosi il partito più votato con il 36% dei consensi, mentre l'Mhp ne conquista 52 con il 10,5%. Per quanto riguarda l'opposizione, la principale forza, il Partito repubblicano del popolo (Chp), è al 24,7% per 168 seggi. Tra i suoi alleati, il Buon Partito (Iyi Party) è al 10% per 46 seggi, il Partito della Sinistra Verde è a 9,7% per 59 seggi mentre il Partito del Welfare ne conquista 5 e altri due.
E questi dati potrebbero pesare nel ballottaggio del 28 maggio. Ma ad ora il risultato che si prospetta apre uno squarcio nelle maglie del potere, che sembrava inespugnabile, di Erdogan.
E in questa campagna elettorale hanno avuto un ruolo importante anche i social, e la relativa stretta che il governo ha imposto (come riportato anche da Humans Right Watch). In questo scenario si colloca Twitter che ha sempre avuto un ruolo di primaria importanza quando si trattava di garantire una piattaforma alle voci contro i regimi nei paesi autoritari. Ma la nuova linea voluta da Elon Musk è decisamente diversa: negli scorsi giorni il social ha annunciato di aver oscurato alcuni contenuti in Turchia, poco prima delle elezioni, per espressa richiesta del governo di Erdoğan. Twitter e Musk sono stati quindi accusati di aver accettato la censura governativa con la quale il premier in carica da vent'anni vuole limitare la visibilità e la voce dell'opposizione. Matthew Yglesias, columnist di Bloomberg, ha riportato la notizia proprio con un tweet, al quale si è visto rispondere dal Ceo in persona. "Hai perso la testa, Yglesias?", twitta Musk. "La scelta era tra oscurare Twitter completamente o limitare l'accesso ad alcuni tweet. Tu che avresti fatto?". Una reazione completamente diversa alle richieste di Erdoğan rispetto alla precedente gestione, che in passato era venuta ai ferri corti col governo turco proprio per difendere la libertà di espressione, ad esempio quando il governo aveva chiesto di bloccare i feed di alcuni quotidiani del paese che gli erano invisi.










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