Cuneo, 26 Apr 2023 - Arriva forte e chiaro il messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita ieri nel Cuneese per il 78esimo Anniversario della Liberazione. È un presidente fermo quello che si è visto e sentito durante le celebrazioni di questo 25 aprile. Il capo dello Stato ha ristabilito i punti essenziali della Liberazione d'Italia dal nazifascismo, ripercorrendo la storia spogliandola di ogni lettura ambigua.
Parole scandite con estrema chiarezza, che riportano al centro la Costituzione “figlia della lotta antifascista” e "frutto del 25 aprile", nata "dove caddero i partigiani", in quel "moto di popolo" che fu la Resistenza, "rivolta morale di patrioti" che permise una "nuova Italia" dopo l'abisso del fascismo.
Nel suo discorso, interrotto a più riprese dagli applausi che si sono levati dalla platea e dai palchi del teatro Toselli di Cuneo, ha ricordato che “le Costituzioni nascono in momenti straordinari della vita di una comunità, sulla base dei valori che questi momenti esprimono e che ne ispirano i principi”.
La celebrazione va in scena a Cuneo, in quei luoghi bagnati dal sangue di duemila partigiani morti in battaglia e di duemilaseicento vittime delle stragi nazifasciste, nel 25 aprile che "è la Festa della identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo".
Il presidente della Repubblica, nel discorso che fa per raccontare la nascita della Repubblica, ha citato per due volte un padre della Costituzione, Piero Calamandrei: la prima in apertura, sul sangue dei partigiani; la seconda in chiusura, ricordando la risposta che Calamandrei mandò al comandante delle forze di occupazione naziste, Kesserling: "Ora e sempre Resistenza".
In mezzo alle due citazioni, il Capo dello Stato ha ribadito quelle che sono le fondamenta della Repubblica e della Costituzione, spazzando ogni tentazione revisionista, e restituendo alle parole il loro significato. Ha scelto Cuneo, da dove Duccio Galimberti il 26 aprile del 1943 chiamò alla Resistenza i suoi concittadini, per poi salire in montagna e combattere fino alla morte con i partigiani. Quelli furono "i patrioti", scandisce il presidente, grazie ai quali fu possibile "la riconquista della Patria e la conferma dei valori della sua gente, dopo le ingannevoli parole d'ordine del fascismo: il mito del capo; un patriottismo contrapposto al patriottismo degli altri in spregio ai valori universali".
Ecco allora che il 25 aprile "è la Festa della identità italiana, ritrovata e rifondata dopo il fascismo". Da lì è nata "una nuova idea di comunità, dopo il fallimento della precedente", con la Repubblica "fondata sulla Costituzione, figlia della lotta antifascista". Lì si trova "l'anima autentica della Nazione", con la Carta si dà vita "a una nuova Italia".
La Resistenza fu "moto di popolo", con "i vecchi antifascisti", i soldati che rifiutarono di mettersi sotto il comando degli occupanti, i giovani che "scoprivano la natura del fascismo", gli operai delle fabbriche, i contadini e i montanari. E la popolazione civile che li sosteneva, mentre il "servilismo della collaborazione assicurata ai nazisti" consegnava alla morte "profughi in cerca di salvezza", come gli ebrei deportati dalla stazione di Borgo San Dalmazzo.
È così che "è nata una democrazia forte e matura nelle sue istituzioni e nella sua società civile, che ha permesso agli italiani di raggiungere risultati inimmaginabili". Per contro, "chiediamoci dove e come saremmo se fascismo e nazismo fossero prevalsi allora!". Per questo la chiusura è affidata ancora a Calamandrei, con Mattarella che cita la risposta a Kesserling che provocatoriamente rivendicava addirittura un monumento dagli italiani. Risposta che è incisa su una lapide del municipio di Cuneo, e che Mattarella scandisce come monito: "Se mai avversari della libertà dovessero riaffacciarsi su queste strade troverebbero patrioti. Come vi è scritto: 'Morti e vivi collo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre Resistenza'".










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