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Ormai ad Hong Kong è quasi guerra civile: Caos al politecnico, studenti asserragliati

Hong Kong, 18 Nov 2019 - Caos al Politecnico (PolyU) di Hong Kong, sulla penisola di Kowloon, dove all'alba la polizia ha fatto irruzione per cercare di avere ragione dei circa 200 manifestanti asserragliati, dopo una giornata segnata da violenti scontri. Per rallentare l'attacco gli studenti hanno appiccato le fiamme all'entrata principale, sprigionando un grosso incendio, e hanno lanciato contro gli agenti bombe molotov. La polizia si è ritirata ma ha fatto sapere che è una sospensione solo temporanea dell'uso della forza per permettere agli studenti di lasciare pacificamente il campus e consegnarsi alle forze dell'ordine.

La polizia di Hong Kong che sta circondando il PolyU sotto assedio da ieri, ha lanciato un nuovo avvertimento ai manifestanti ancora all'interno del campus sulla penisola di Kowloon, chiedendo a "tutti quelli all'interno dell'università del Politecnico di lasciare le armi e gli oggetti pericolosi, togliersi le maschere anti-gas e andarsene in maniera ordinata" attraverso un nuovo passaggio indicato dalle stesse forze dell'ordine, il ponte sud di Cheong Wan Road. Il nuovo appello "per garantire la sicurezza pubblica" è stato diffuso intorno alle 12, ora locale, dopo oltre un giorno di assedio dell'istituto, dall'account ufficiale di Twitter della polizia di Hong Kong. La polizia, in un comunicato diffuso online dall'amministrazione di Hong Kong ha smentito di aver condotto un raid al PolyU, parlando di operazione di dispersione della folla e di arresti, ma la tensione rimane alta: diversi manifestanti all'interno del campus sarebbero sul punto di un crollo nervoso dopo un giorno di assedio, riportano i media locali, e il gruppo sarebbe spaccato tra chi si dice pronto a lasciare e chi è deciso a rimanere.

Ormai ad Hong Kong e' quasi guerra civile_2La polizia ha anche sparato tre colpi di pistola, prima dell'alba, per disperdere la folla, che aveva preso di mira un'ambulanza con lanci di mattoni e altri oggetti. Il primo bilancio degli scontri cominciati ieri parla di 38 persone ferite, tra cui anche un uomo di 84 anni. In mattinata sul Kowloon, decine di persone - almeno quaranta, ma il cui numero potrebbe salire fino a cento, secondi varie stime - sono state arrestate a Golden Plaza. In gran parte giovani, gli arrestati sono stati ammanettati con cavi di plastica e sono stati fatti sedere faccia al muro e tenuti sotto sorveglianza degli agenti anti-sommossa. Intanto i manifestanti al di fuori del campus sotto assedio stanno cominciando a riorganizzarsi: a Nathan Road, la via principale di Kowloon, alcuni gruppi sono comparsi per la strada per ripristinare i blocchi stradali, e nuove scene di tensione tra polizia e manifestanti sono state riprese sempre sul Kowloon, in quello che appare un tentativo di distrarre la polizia dall'assedio al PolyU.

Continua così l'impasse: dentro il Politecnico, divenuto la base del movimento pro-democrazia, alcune centinaia di dimostranti barricati, armati di bombe molotov, frecce e pietre. Secondo le forze dell'ordine, negli ultimi giorni hanno razziato i laboratori, prendendo materiali altamente infiammabili che possono essere usati per realizzare esplosivi. Fuori dal campus, un cordone di agenti dispiegato per impedire agli studenti di scappare, trincerato dietro scudi e blindati.    Tutta la domenica, e anche la notte fino alla mattina, i due gruppi hanno giocato al gatto e al topo, la polizia usando gas lacrimogeni e cannoni ad acqua che sparano un liquido blu urticante, i ragazzi che rispondono con 'munizioni' improvvisate come mattoni e molotov. Ieri un agente è stato ferito da una freccia che gli ha trapassato il polpaccio; le forze di sicurezza hanno reagito, avvertendo i dimostranti: basta attacchi o potrebbero passare all'uso della "forza minima necessaria", inclusi colpi di armi da fuoco.

La Cina ha ripetutamente avvertito che non tollererà il dissenso e c'è il timore crescente che Pechino possa inviare truppe per porre fine ai disordini: sabato i soldati dell'esercito di Liberazione Popolare cinese, di stanza a Hong Kong, sono scesi per la prima volta per le strade dall'inizio delle proteste anti-governative, ufficialmente per rimuovere i mattoni. Ma è stato comunque un impressionante sfoggio di efficienza. Nei giorni scorsi il presidente cinese Xi Jinping ha usato parole molto forti, sostenendo che la crisi minaccia il modello "un Paese, due sistemi" (in base al quale Hong Kong è stata governata dopo il passaggio di consegne dalla Gran Bretagna nel 1997) e che porre fine alle violenze e ripristinare l'ordine sono "il compito più urgente". Concetto ribadito anche dall'ambasciatore cinese in Italia, Li Junhua, che ha avvertito: "Qualora la situazione continuasse a peggiorare, il governo centrale cinese non resterà seduto a guardare".

​Gli Stati Uniti condannano l'"ingiustificato uso della forza" a Hong Kong e chiedono a tutti di "trattenersi dalla violenza e impegnarsi in un dialogo costruttivo". Lo ha dichiarato un alto funzionario dell'amministrazione guidata da Donald Trump, citato dall'agenzia Reuters. "Come ha detto il presidente, gli Stati Uniti si aspettano che Pechino onori gli impegni presi nella dichiarazione congiunta sino-britannica" del 1984, che sancì il ritorno di Hong Kong alla Cina tredici anni più tardi, "e protegga la libertà, il sistema legale e lo stile di vita democratico di Hong Kong".