Cagliari, 4 Magg 2019 - Per il terzo appuntamento della stagione 2019, il teatro lirico di Cagliari ha proposto un dittico di opere, rappresentate da “La cambiale di matrimonio” di Gioachino Rossini e “Il Campanello” di Gaetano Donizetti.
Nella serata di ieri si è svolta la prima rappresentazione di questo nuovo allestimento connotato da toni e caratteri leggeri e semplici, nonché da un certo tratto umoristico, in netta contrapposizione alla tragedia e tensione della Tosca, posta in scena recentemente.
Lo spettacolo, della durata complessiva di due ore e mezza, non ha offerto grandi spunti in termini di trame, scenografia, costumi e interpreti.
La prima opera ad essere proposta al pubblico è stata “La cambiale di matrimonio”, scritta nel 1810 da un giovanissimo Rossini. Si tratta del suo primo componimento lirico realizzato, insieme al librettista Gaetano Rossi, all’età di diciotto anni ed in cui è possibile cogliere quelli che saranno i successivi sviluppi del suo lavoro.
La musica risulta vivace, con parti cadenzate ed altre particolarmente ritmiche, tanto da riportare alla mente quelle stesse armonie che connotano Il barbiere di Siviglia. Emerge tuttavia una pecca legata alla mancanza di coordinamento tra la musica ed il canto degli interpreti.
Per quel che attiene alla trama, l’opera tratta (come dice il titolo) di una cambiale sottoscritta dal ricco americano Slook (inspiegabilmente rappresentato dai registi Francesco Calcagnini e Davide Riboli nei panni di una guardia canadese), in cambio di una moglie, ossia la giovane figlia Fanny del ricco mercante inglese Tobia Mill.
Quest’ultimo avido e attaccato ai beni materiali (come dimostrano le moto Benelli a cui è affezionato), accetta senza alcuna remore di scambiare la figlia per denaro, allo stesso modo di un oggetto. In questo gioco si inserisce Edoardo Milfort, innamorato di Fanny e da lei contraccambiato, ma non abbastanza ricco per sposarla.
Sembrerebbe il solito triangolo amoroso che connota pressoché tutta la lirica, tuttavia in questo caso si sceglie la vena umoristica piuttosto che quella tragica. Lo spettacolo si conclude infatti con un lieto fine.
Il campanello di Donizetti racconta invece di un matrimonio tra l’anziano speziale Don Annibale Pistacchio e la giovane Serafina, l’intera vicenda si svolge nell’ambito della prima notte di nozze. La trama pare degna della serie tv “Il Trono di Spade” con rapporti quasi incestuosi tra la sposina Serafina e il suo cugino e spasimante Enrico da un lato, e Don Annibale e Madama Rosa, madre di Serafina, dall’altro.
Il titolo dell’opera si spiega alla luce del campanello della dimora dello speziale che Enrico farà suonare per tutta la notte, travestendosi per non farsi riconoscere da Don Annibale, di modo da disturbare il suo riposo e la sua prima notta con la giovane sposa.
Si tratta essenzialmente di una farsa, ossia di uno spettacolo dal taglio evidentemente comico che gli interpreti Vincenzo Taormina (Tobia Mill/Don Annibale) e Luca Micheletti (Enrico), sono riusciti a mettere in scena brillantemente. In particolare quest’ultimo è stato particolarmente applaudito dagli spettatori al momento della chiamata alla ribalta, così come la giovane Claudia Muschio (Fanny/Serafina).
A ogni modo, nel compiere una valutazione complessiva è possibile affermare che entrambi i componimenti peccano di armonia tra musica e canto. In molte parti dello spettacolo il canto è sostituito dal parlato e non si disdegna l’uso del falsetto, elementi questi che fanno perdere alla lirica quella armonia che affascina e che cattura il pubblico.
L’allestimento cagliaritano delle due opere non spicca né per costumi né per scenografia. In particolare ne La cambiale si è optato per degli arredi di scena, abiti e proiezioni, dai contenuti poco chiari, chiaramente moderni ma poco attinenti alla storia e alla trama. Ne Il Campanello, invece, si è deciso di mantenere per l’intera ora la stessa sala del ricevimento matrimoniale, ma come detto in questo caso le disfunzioni sono state abbastanza compensate dalle prestazioni di Taormina e Micheletti.
Il cast per le due opere è stato lo stesso, non ci sono state quindi sostituzioni o nuovi interventi, a parte quello di Micheletti presente solo ne Il Campanello.
L’orchestra è stata diretta dal maestro Alvise Casellati, tuttavia in questo contesto è mancata quella compensazione che in altre occasioni gli orchestrali cagliaritani sono stati in grado di realizzare rispetto a spettacoli connotati da trame e allestimenti poco attraenti.
Per questo alla luce di tutto ciò lo spettacolo, per quanto abbastanza gradito dai presenti alla prima, non risulta particolarmente coinvolgente e interessante. Pertanto, si consiglia a chi non ama particolarmente la lirica di attendere un’altra occasione per approcciarsi alla stessa e non abbandonare l’idea di conoscerla, mentre a chi la segue ormai da anni e intende comunque trascorrere una serata diversa si suggerisce di vedere lo spettacolo ma senza grosse aspettative. G.P.S.