Cagliari, 18 Mag 2018 - È andata ieri in scena presso il Teatro Lirico di Cagliari la prima di Sancta Susanna di Hindemith e Cavalleria rusticana di Mascagni. Ecco, dunque, che dopo la rappresentazione della Turandot di Busoni e di Suor Angelica di Puccini, l’ente cagliaritano ha deciso di riproporre (dal 18 al 27 maggio) un dittico di opere, nel contesto di una stessa serata.
Per quanto attiene al merito dei due spettacoli, con riferimento al primo melodramma è bene evidenziare fin da subito come si tratti di uno spettacolo vietato ai minori; non a caso, nell’ambito delle rappresentazioni riservate alle scuole (dal 22 al 31 maggio), non compare l’opera di Hindemith.
La spiegazione è presto detta, si tratta di un’opera dai contenuti forti e provocatori. Il culmine della vicenda è dato dal gesto sacrilego della suora di clausura Susanna che abbraccia completamente nuda, invasa di passione ed eccitazione sessuale, un crocifisso. Ciò segna una netta contrapposizione tra la vita claustrale e l’amore carnale, in cui quest’ultimo riassume la sua piena consistenza, dando libero sfogo a quegli istinti primordiali a lungo inibiti.
Le ragioni di una simile rappresentazione si ricollegano all’adesione del compositore tedesco alla corrente artistica espressionista. D’altronde l’espressionismo si sostanzia, per l’appunto, nell’esaltazione esasperata del lato emotivo della realtà. Ecco che in una tale contesto Hindemith pone l’accento sulla vera natura dell’uomo, preda dei suoi istinti, e sull’ipocrisia consistente nel celarli dietro l’apparenza di un vestito monastico.
L’opera, dalla durata assai contenuta (circa 25 minuti), viene rappresentata in lingua tedesca fortunatamente tradotta per gli spettatori tramite l’ausilio dei sopratitoli. Per quanto attiene alle interpreti la scena è retta principalmente da Tanja Kuhn (Susanna) e Anastasia Boldyreva (Clementia), le quali uniscono alla bella presenza anche spiccate doti canore, apprezzate dal pubblico cagliaritano.
Venendo all’opera di Mascagni, la stessa è tratta dal racconto di Verga, contenuta nella raccolta “Vita dei Campi”, tuttavia il compositore italiano si discosta in parte dallo stile verista dello scrittore siciliano. Infatti, mentre quest’ultimo focalizza la sua attenzione sulle profonde differenze intercorrenti tra la realtà provinciale ed il mondo industrializzato dei grandi centri urbani, Mascagni valorizza la contesa d’amore tra Alfio e Turiddu, avvolgendola con un manto di tragicità, alla stessa stregua delle opere verdiane.
Tra gli aspetti peculiari della rappresentazione viene in primo luogo in rilievo il fatto che gli avvenimenti più importanti siano sottratti agli occhi del pubblico, svolgendosi fuori scena. Emblematica è la circostanza che lo scontro finale tra Alfio e Turiddu non venga mostrato e si apprenda del suo esito solo tramite le grida laceranti di una donna: “HANNO AMMAZZATO COMPARE TURIDDU!”.
In secondo luogo, occorre evidenziare la regia, per la prima volta in un contesto operistico, di Gianfranco Cabiddu il quale decide di ambientare Cavalleria rusticana nell’ambito di una miniera, in quanto la stessa configura “un microcosmo con ritmi di lavoro e di vita assolutamente peculiari”, idoneo a determinare una situazione di esclusione ed estraneazione rispetto al normale svolgimento della vita e della realtà.
Tra gli interpreti di Cavalleria rusticana spiccano Tiziana Caruso (Santuzza), Marcello Giordani (Turiddu), Sebastian Catana (Alfio) e soprattutto il coro, diretto da Donato Sivo, che segna i passaggi più apprezzabili di questa composizione.
Nota di merito deve essere riservata all’orchestra, diretta per l’occasione dal maestro Marco Angius, abile a destreggiarsi tra due opere dai contenuti, non solo scenici ma soprattutto musicali, profondamente diversi. G.P.S.