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Riforme, governo battuto al Senato. Passa emendamento della Lega

Governo battuto al Senato su un emendamento della Lega Nord sul ddl Riforme. Fatale il voto segreto, sul quale in precedenza si era aperta una polemica tra il capogruppo Pd Luigi Zanda e il presidente del Senato Pietro Grasso: i "sì" sono stati 154, i "no" 147, 2 gli astenuti. La seduta è stata sospesa per alcune decine di minuti.

Al Senato erano in programma votazioni a scrutinio segreto su due emendamenti al ddl Riforme. A presiedere la seduta è il presidente Pietro Grasso, finito subito nel mirino per la sua gestione del dibattito. Il capogruppo del Pd Luigi Zanda ha contestato la scelta del voto segreto sull'emendamento del leghista Stefano Candiani che dà al nuovo Senato delle autonomie competenze paritarie sui temi etici. "La decisione è mia e applico il regolamento del Senato", ha replicato Grasso. Subito dopo si è tenuta la votazione, che ha dato un esito contrario rispetto alle indicazioni del governo.

L'emendamento assegna al nuovo Senato la possibilità di legiferare su alcune materie eticamente sensibili come bio-testamento, matrimonio e diritti civili. Aveva ricevuto i pareri contrari della relatrice di maggioranza Anna Finocchiaro e del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. Favorevole quello dell'altro relatore Roberto Calderoli. Poco prima del voto il senatore del Pd Felice Casson aveva richiesto di poter sottoscrivere l'emendamento leghista.

La seduta è ripresa dopo alcune decine di minuti. Nessuna sorpresa nelle prime votazioni. L'articolo 1 è stato approvato con 214 voti a favore, 81 contrari e 6 astenuti. I franchi tiratori potrebbero però tornare a colpire nel secondo voto segreto della giornata, previsto su un altro emendamento leghista.

Minimizzano la portata del voto i senatori renziani del Pd. "Nessun problema, avevamo messo in conto di poter andare in minoranza su singole questioni. La riforma prevede quattro letture e quindi sono naturali modifiche e cambiamenti. L'emendamento approvato dall'aula non è un caposaldo del disegno di legge costituzionale", si legge in una dichiarazione diffusa dal senatore Andrea Marcucci.

Nel Partito Democratico però è già polemica. "Un pessimo remake in Senato", scrive su Twitter il responsabile Comunicazione del Pd Francesco Nicodemo, nel lanciare l'hashtag #laricaricadei101. Il riferimento è ai 101 franchi tiratori che hanno affossato la nomina di Romano Prodi al Quirinale. "Andiamo avanti senza paura, perché nonostante la ricarica dei 101 cambieremo in meglio questo Paese. Crudelia stai serena", aggiunge ironico Nicodemo. Un paragone che "non ha senso", ribatte il dissidente del Pd Corradino Mineo.

Esultano invece i senatori del Movimento 5 Stelle, che danno una lettura assai diversa dell'accaduto. "L'approvazione di questo emendamento che affida al Senato poteri in materia di salute e diritti civili ha una conseguenza implicita - sostengono - Con questi poteri importanti in più, il Senato dovrà essere eletto direttamente dai cittadini dal momento che si tratta di temi sensibili. È una grande vittoria".

"La sconfitta della maggioranza nel voto segreto è un segnale chiarissimo ed eloquente che ci auguriamo il governo sappia cogliere - commenta la capogruppo di Sel al Senato, Loredana De Petris - La scelta di procedere secondo la logica del muro contro muro non porta da nessuna parte e non permette di varare una buona riforma della costituzione.

Critiche al presidente del Senato in precedenza erano arrivate dal vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. L'esponente del M5S dal blog di Beppe Grillo gli aveva inviato una lettera aperta in cui lo accusava di non essere imparziale e affermava di aver “assistito con la paura del cuore alla definitiva scomparsa degli organi di garanzia del Paese”.

La Camera oggi è invece chiamata a esaminare il decreto sulle semplificazioni e la Pubblica amministrazione. Nella notte il governo Renzi ha incassato la fiducia con 346 voti a favore, 176 contrari e 10 astenuti. Prima del voto finale sul merito del dl, previsto dalla conferenza dei capigruppo intorno alle 12.30, ci sono da esaminare 167 ordini del giorno, soprattutto delle opposizioni. Una sorta di "ostruzionismo soft", in particolare di M5S e Lega, che potrebbe far slittare al pomeriggio o alla serata il voto finale.

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