Archiviato lo storico successo elettorale, il segretario del Pd Matteo Renzi sarà oggi a Bruxelles, dove si presenterà con un "peso" assai diverso rispetto a quello che aveva sino ad una settimana fa. Il primo incontro del presidente del Consiglio è stato però al Quirinale dove, prima di partire, ha parlato con il presidente Napolitano. Nella capitale belga invece il primo impegno che aspetta il premier italiano è la riunione del Pse, riunione dove Renzi si presenta come segretario del partito che più eurodeputati ha eletto tra le fila dei socialisti europei. Subito dopo, l'incontro con gli altri capi di Stato e di governo. E qui, il premier italiano, sarà insieme alla Merkel l'unico leader di governo ad essere uscito vincitore dalla urne e, a differenza della Cancelliera tedesca, persino rafforzato.
Il tavolo più importante è chiaramente quello che riguarda la composizione del prossimo governo continentale e, soprattutto, come ha sottolineato lo stesso Renzi, le politiche che questo sposerà. Il Pse è, è vero, la seconda forza all'interno dell'Europarlamento ma appare evidente a tutti che anche a Bruxelles, come a Berlino e Roma, l'unica ricetta per formare un governo sarà quella delle larghe intese. In questo quadro Renzi e l'Italia si presentano come gli attori principali dopo la Merkel e la Germania. Il Pd rappresenta la fetta più consistente del Pse e, dopo le batoste elettorali prese da Hollande e Cameron, è Renzi l'unico interlocutore di peso rimasto alla Cancelliera.
"Si apre un percorso complicato - ha spiegato Renzi a Porta a Porta -, c'è da scegliere il presidente del Parlamento, il presidente del Consiglio europeo, il presidente della commissione Ue e il rappresentante della politica estera". Ed è "ragionevole" pensare che una di queste caselle venga impersonata da un italiano. Ma Renzi spiega che "il punto è che l'Italia non deve preoccuparsi di portare un italiano, deve preoccuparsi delle politiche che si fanno". "L'Italia però – ha continuato il premier - non deve preoccuparsi di portare un italiano".
Chiaro è stato il segretario Pd su quale siano le politiche che vuole portare in Europa. "Siamo d'accordo che le spese per scuola e ricerca vanno fuori dal patto di stabilità, che l'Europa metta bocca sul Mediterraneo? Se siamo d'accordo la nazionalità è secondaria". All'Europa, ha spiegato, "è arrivato forte e chiaro il messaggio che così come stiamo andando non va bene". "Quest'Europa non ha convinto", non solo gli euroscettici, "ma anche chi ha votato il Pd ha detto, 'ragazzi cambiamo'". E in quest'ottica se l'Europa cambierà le sue politiche di rigore e si aprirà alla crescita, "potremo fare un'operazione keynesiana straordinaria in cinque anni: più di 150 miliardi di euro".
Per quanto riguarda la guida della Commissione, anche nel governo italiano l'ipotesi di un 'terzo uomo' - o donna, vista l'insistenza con cui circola il nome di Christine Lagarde - per superare il dualismo Juncker-Schulz viene vista come possibile. Al punto che c'è chi, nel Pd, ipotizza addirittura che possa essere italiano il nome che mette d'accordo la larga coalizione necessaria per arrivare a quel 50% più uno con cui l'Europarlamento dovrà approvare l'indicazione de Consiglio Europeo a presidente della Commissione: "Enrico Letta riscuote consensi sia nel Pse che nel Ppe, è apprezzato in Germania, ed è europeista convinto. Potrebbe essere lui il nome". Inaugurando magari quell'asse italo-tedesco su cui oggi il premier ha glissato: "Ma effettivamente è lui l'interlocutore più forte per la Merkel", sottolineano dal suo staff.
All'interno del Pse il Pd potrebbe infine ottenere il capogruppo con Simona Bonafè, la più votata, Gianni Pittella, il più esperto, o Renato Soru.