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Renzi alla minoranza Pd: “Voglio lealtà”.

E' un Matteo Renzi pronto a dare battaglia ai suoi detrattori quello che chiude l'assemblea del Pd a Roma. La replica diretta a Stefano Fassina che lo aveva apostrofato duramente parlando di "governo della troika" bravo solo a "far caricature" e deciso ad "andare al voto": "Non credo che qui ci siano delle caricature - ribatte Renzi - e credo che non sia una caricatura quando mi si dice che il nostro è un governo simile a quello della Thatcher o che la nostra è la linea della Troika o, ancora, che il Jobs act è una legge fascista. Ma un partito sta insieme sulla base di un principio di lealtà e non si vota contro il governo che si sostiene dopo che si è votato in direzione" risponde il premier.

Durante la replica Renzi contesta anche l'accusa di voler andare subito ad elezioni: "Il mio collega giapponese Shinzo Abe è andato a votare nel giro di due mesi. Al primo intoppo è andato a votare. Rispondo a Fassina: "Vogliamo fare così? Per me no. Non ha senso tornare a votare a ogni intoppo. Serve il coraggio e la voglia di andare avanti sul serio" e conclude: "Pensate che" andare al voto "sia l'obiettivo di una forza politica che ha detto in tutte le lingue che vuole cambiare il Paese senza cambiare i parlamentari? Ha senso, Fassina? Per me no", dice.

"Io contesto che ci sia un racconto mitologico e nostalgico dell'Ulivo quando quell'esperienza politica è stata sostanzialmente mandata a casa da nostri errori e nostre divisioni. Contesto l'idea di fare un santino senza riconoscere la responsabilità di quanto accadde nell'ottobre del 1998", ha detto il segretario.

"Rispettiamo chi ha fatto lo sciopero, ma sappiamo che non è stato solo uno sciopero sul Jobs Act, altrimenti non si spiegherebbe perché non è stato fatto sciopero anche sulla legge Fornero". spiega il presidente del Consiglio e segretario del Pd nel corso della replica. "E' finito - ha precisato Renzi - il tempo di quando il potere di veto ce l'avevano i sindacati con una manifestazione di piazza". Poi gela Barbagallo: "Il Jobs Act non è una legge fascista e quando sento Barbagallo parlare di Resistenza dico che... la Resistenza è una cosa seria".

Che nel Pd ci sia in corso una resa dei conti era chiaro da tempo. Non è un caso che Massimo D'Alema e Pierluigi Bersani abbiano disertato l'appuntamento odierno anche se per Bersani la 'colpa' sarebbe di un mal di schiena. Ma le parole di Fassina trasformano un'assemblea di partito in un vero campo di battaglia: Stefano Fassina interviene a muso duro contro il premier: "Se vuoi andare ad elezioni dillo, smettila di scaricare la responsabilità sulle spalle degli altri. La minoranza non fa diktat e non vuole andare al voto prima del 2018. Non ti permetto più di fare caricature di chi la pensa diversamente da te, è inaccettabile". Parlando davanti all'assemblea Pd conclude: "Diventiamo non il partito della nazione ma dell'establishment, della troika. Stiamo riposizionando il Pd nella consapevolezza del nostro gruppo dirigente. Noi stiamo perdendo un pezzo fondamentale di rappresentanza del mondo del lavoro, del lavoro debole, subalterno. Stiamo cambiando identità, stiamo cambiando funzione politica. A me questo non va bene".

A gettare acqua sul fuoco ci pensa Cuperlo. A margine dell'assemblea del Pd il parlamentare della minoranza dem allontana lo spettro: "Scissione? Accantoniamo questa parola, facciamo finta che non sia mai stata pronunciata. Il Pd è la nostra famiglia e qui noi vogliamo restare anche se non è ancora il partito che avevamo immaginato e l'inchiesta Mafia Capitale lo dimostra".

Grazie al Pd "è sparito dallo scenario politico colui che dettava l’agenda un anno fa, Beppe Grillo. Grazie al nostro risultato abbiamo restituito il suo talento alla comicità: andrà in tour, in bocca al lupo", ha detto Renzi aggiungendo come "anche i Forconi oggi potrebbero andare solo a 'Chi l’ha visto'".

E alla fine dell'assemblea l'annunciata 'conta' interna al Partito democratico non si verifica. Il segretario-premier sceglie infatti di non mettere ai voti in assemblea, dove del resto ha una maggioranza schiacciante, un documento che recepisca la sua relazione, come invece era stato ipotizzato fino all'ultimo da esponenti del Nazareno.

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