"È il primo G20 senza che l'Italia sia il grande sorvegliato speciale. Per me è un motivo di grande soddisfazione". Lo ha detto il premier Enrico Letta a poco meno di un'ora dall'inizio dei lavori del summit mondiale. "E' un punto essenziale, tutti in Italia devono essere consapevoli e convinti che l'Italia non è in difficoltà. Questo è un motivo di grande orgoglio. Ci sono degli effetti benefici per essere un Paese che non è più il sorvegliato speciale. Si tratta di un passo avanti importante", ha sottolineato il premier.
Prima la parola crescita era "una bestemmia", ora invece dovrà essere il "cuore" di questo vertice, "il tema del lavoro e della occupazione deve essere centrale". Lo afferma il premier Enrico Letta, prima di prendere parte ai lavori del G20.
Sulla Siria, la "preoccupazione italiana è al massimo", ha detto il presidente del Consiglio Enrico Letta a San Pietroburgo. Il G20 è "l'ultima occasione perché sulla Siria si trovino soluzioni negoziate e politiche".
"Bisogna prendere sul serio la lettera del Papa" che ha scritto ai leader del G20 appellandosi ad evitare massacri in Siria: "sono cose importanti che vanno prese sul serio". Lo ha detto il premier Enrico Letta in una conferenza stampa a San Pietroburgo dopo l'incontro bilaterale con il presidente russo Vladimir Putin.
Da oggi a San Pietroburgo in Russia al via il G20 più complicato
Questo G20 è l'occasione per decidere del nuovo ordine mondiale e sarà quindi un vertice con l'elmetto. La questione siriana, infatti, non riguarda per niente la sola Siria, ma è, ormai da diverse settimane, il polo magnetico di una serie di dinamiche geopolitiche enormi. Su Damasco si innescano bracci di ferro micidiali e prove di forza che ricordano lo scacchiere mondiale negli anni della guerra fredda. Gli Stati Uniti, spalleggiati dalla Francia, vogliono decidere il futuro del Paese bagnato da Tigri ed Eufrate, cioè vogliono influire decisamente su un territorio prezioso, incuneato fra Turchia, Iraq, Giordania, Israele e Libano.
La Russia, spalleggiata da Cina e Iran, non è per niente d'accordo nel lasciare mano libera a Washington e vede nella Repubblica Araba governata con pugno duro da Bashar al Assad una grande piattaforma da cui tirare le redini del Medio Oriente. Insomma, proprio come negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, gli attori principali sono, di nuovo, Mosca e Washington. Il paradosso è che la crisi siriana non è ufficialmente nell'agenda del G20, ma è chiaro che il summit di San Pietroburgo è di fatto l'ultima occasione prima di un probabile sbocco bellico americano dalle incerte conseguenze internazionali.
Avere allo stesso tavolo la Russia, che per la prima volta presiede il G20, e gli Stati Uniti, che sono avviati sulla strada dell'intervento armato, significa dar vita a un confronto diretto con pochi precedenti, anche perché intorno allo stesso tavolo nella città fondata dallo zar Pietro Il Grande sono presenti pure la Cina e la Francia, molto direttamente interessate, nonché altri Paesi che solo in superficie sembrano defilati, come la Germania. Se, al G20, Putin e Obama non troveranno parole e gesti di riavvicinamento, vero, i prossimi giorni saranno carichi di nubi cupe e minacciose.