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Letta: ‘Riforme in 18 mesi o istituzioni non credibili’

Diciotto mesi per fare le riforme costituzionali e guarire la democrazia italiana colpita dal pericoloso virus dell'astensionismo. Enrico Letta, il giorno in cui il Parlamento da il via libera all'iter per modificare la Costituzione, suona il "campanello d'allarme" cercando di svegliare la politica dal torpore in cui è caduta da tempo, invitando i partiti a mantenere quelle promesse fatte "troppo spesso e mai mantenute", con il rischio di minare definitivamente la credibilita' delle istituzioni nei confronti del Paese.

Un pressing nel quale il capo del governo non è solo. E Letta lo ricorda: dobbiamo "dare immediato seguito all'impegno preso nel momento in cui si è chiesto a Napolitano di essere rieletto", scandisce a palazzo Madama aprendo il dibattito sul percorso delle riforme istituzionali.

La sintonia con il capo dello Stato è piena. Il presidente della Repubblica, ricorda il premier, "chiese al Parlamento di esprimersi con il linguaggio della verità legato alla necessità non rinviabile, con la crisi drammatica della politica". Ed ora, aggiunge, "non e' immaginabile che si continui facendo finta di niente, fingendo di litigare sulle riforme e non combinando nulla". Il capo del governo si fa interprete delle preoccupazioni espresse piu' volte da Giorgio Napolitano. Anche in questi giorni, a chi lo è andato a trovare, il presidente della Repubblica ha espresso allarme per la disaffezione degli italiani verso la politica. Un distacco emerso con chiarezza nel voto delle amministrative.

Ma il Colle è rimasto volutamente fuori dalla questione, lasciando che fosse il premier a scuotere il Parlamento, nella speranza che la politica sappia finalmente rinnovare se stessa. Ed è quello che il presidente del Consiglio fa nel modo più fermo possibile, nel difficile contesto di una maggioranza sempre sull'orlo di una crisi di nervi: le amministrative sono ulteriore conferma del "drammatico distacco dalla politica". Un "campanello d'allarme" che dovrebbe spingere le Camere a "cogliere fino in fondo" l'occasione che gli viene data per rispondere finalmente alle richieste dei cittadini.
 
Gli obiettivi sono noti: ridurre il numero di parlamentari, mandare in soffitta il bicameralismo perfetto, modificare la forma di Stato e di governo rendendo il Paese "capace di decidere" e di farlo con rapidità. Una riforma che anche l'Europa ci chiede, sottolinea ricordando come la governabilita' sia importante tanto quanto le riforme economiche e finanziarie. La Costituzione italiana è la "più robusta" del mondo, ma ora va cambiata per far fronte alle "esigenze della nostra società". E il tempo "giusto" per riuscirci, a suo giudizio, e' di "18 mesi". Il capo del governo ovviamente non trascura lo scottante tema della legge elettorale. Ma sta bene attendo a non gettare nuova benzina sul fuoco.

La mozione per il ritorno al Mattarellum presentata da Roberto Giachetti (Pd) e firmata da molti parlamentari renziani apre un caso politico. Renato Schifani da' voce allo scontento del Pdl: così il governo rischia. Letta, attraverso la mediazione di Dario Franceschini, tenta di convincere il deputato a ritirare la mozione, ma senza successo. E così è costretto a invitarlo pubblicamente a ritirare il testo, minacciandolo altrimenti di dare parere contrario. La mozione alla fine viene sostenuta solo dai deputati del M5S e viene bocciata. Ma il segnale del sindaco di Firenze al premier è chiaro: e Letta non vuole sacrificare il governo sull'altare della legge elettorale.

E dopo aver rinunciato all'idea di una clausola di salvaguardia per venire incontro ai dubbi della Corte Costituzionale, non intende forzare di nuovo la mano su una materia cosi' esplosiva. Sulle riforme istituzionali, invece, sono tutti concordi. Almeno sulla necessita' di andare avanti. E la mozione unitaria votata a larga maggioranza è li' a dimostrarlo. Ma di contenuti ancora non si parla e Renato Brunetta si premura di avvertire i democrat: il Pdl non accetterà maggioranze variabili sulle riforme, mentre il movimento 5 stelle parla di inciucio Pd-Pdl.