Roberto Giachetti, che sulla riforma elettorale ha fatto anche uno sciopero della fame, fa da ariete dentro la maggioranza. Ma, in realta', nonostante i tentativi di mediazione da parte del governo, sul ritorno al Mattarellum i renziani mettono in difficolta' la vita del premier Enrico Letta che, nel giorno dell'avvio dell'iter sulle riforme, trova al suo fianco un Pd spaccato tra dissensi sulla legge elettorale e critiche sull'iter delle riforme, espresse con una lettera da 43 parlamentari.
"Il governo non faccia melina", incalza il sindaco di Firenze difendendo il suo deputato. Il tema della mozione Giachetti, tra l'altro, è stato al centro di uno scambio di sms tra Renzi e il premier Letta. Il governo aveva intuito già nei giorni scorsi i rischi e le insidie della mozione del deputato ex radicale e ora renziano. Il Pdl, ancora ieri nel vertice di maggioranza, aveva minacciato la tenuta dell'esecutivo se sul ritorno al Mattarellum si fossero create oggi maggioranze variabili. Una mozione, quella di Giachetti, destabilizzante però anche per il Pd, dove e' vastissimo il fronte pro-Mattarellum.
Per frenare un'emorragia di voti a favore della mozione del vicepresidente della Camera, Anna Finocchiaro, che ha presentato un ddl per il ritorno al Mattarellum, attacca l'iniziativa del deputato renziano come "atto intempestivo e prepotente". Ma se la moral suasion riesce a far ritirare nel corso della giornata 12 delle 100 firme necessarie alla presentazioni, Giachetti sembra non voler sentire ragioni. "Non la ritiro, mi stanno attaccando da destra e da sinistra ma se io sono intempestivo qua rischiamo di stare altri 10 anni a votare con il Porcellum".
In realtà la battaglia di Giachetti non e' solitaria: all'assemblea del gruppo, convocato per tentare di rimetterlo in riga, parla a suo favore Paolo Gentiloni e scatta l'applauso dei deputati renziani. Alla conta finale, in 34, tra renziani e prodiani, chiedono di tenere in piedi la mozione nonostante il governo annunci il voto contrario. E anche se, a quanto si apprende, alcuni pontieri del governo avevano contattato anche Renzi per assicurare che la riforma elettorale è una priorita' ma oggi "è meglio - afferma Franceschini - non mettere mine sul percorso delle riforme".
In aula, però, i deputati si allineano alla decisione del gruppo, evitando che la tensione deflagrasse. Il sindaco di Firenze difende Giachetti e attacca sull'urgenza della riforma elettorale. "Prima di essere renziano è una persona seria, sulla legge elettorale ci ha messo la faccia. Oggi non si consumava il voto della vita ma ho la preoccupazione che governo e maggioranza rinviino troppo, facciano melina". Parole che non fanno piacere al premier, determinatissimo a marciare verso l'approvazione delle riforme. Ma anche consapevole della necessità di camminare sul crinale sottile delle differenze nella sua maggioranza.
"Mettere il carro davanti ai buoi vorrebbe dire far deragliare il carro", è la consapevolezza del premier. Che sa di dovere fare i conti, oltre che sulle divergenze politiche, anche con le ambizioni personali dei vari attori politici in campo, tra i quali Matteo Renzi che non fa mistero di essere in corsa per il prossimo giro di Palazzo Chigi. Oppure sulle esigenze di visibilita' delle varie aree del Pd gia' in agitazione pre-congressuale.