La bomba delle dimissioni del ministro degli Esteri Terzi in polemica con il premier Monti sul caso dei marò è esplosa sul tavolo di Giorgio Napolitano nel momento più delicato.
Il capo dello Stato non ha nascosto la sua irritazione: non tanto per esserne stato tenuto all'oscuro (del resto come tutto il governo), ma per l'irritualità del gesto che fa di Monti un'anatra zoppa.
Non c'e' dubbio che tutta la vicenda sia stata gestita in modo ambiguo e altalenante, alimentando lo sconcerto delle famiglie dei due fucilieri di Marina (vedi il plateale grido di protesta della moglie di Salvatore Girone dalla tribuna della Camera) e anche delle forze politiche che, come il Pd, parlano di un "8 settembre del governo tecnico". Una prateria politica è stata lasciata ai grillini che, con un intervento in aula fermo
ed equilibrato, hanno chiesto al governo di spiegare una volta per tutte che cosa si nasconda dietro una vicenda che ha compromesso l'immagine del nostro Paese e che riguarda pur sempre la morte di due pescatori indiani.
In qualche modo le dimissioni di Terzi hanno inferto un colpo alla possibilità che il governo tecnico possa costituire ancora un ponte politico nel caso Bersani o altri incaricati dovessero fallire nei loro tentativi di formare un governo. È come se a Napolitano fosse improvvisamente venuta a mancare una carta di riserva da giocare nei casi estremi. E tutta la gestione della crisi con l'India (che va avanti da più di un anno) allunga un'ombra sulle residue speranze di una candidatura di Monti al Quirinale. Il momento non potrebbe essere più drammatico e confuso.
Bersani, com'era prevedibile, ha verificato le distanze che lo separano da Pdl e Lega e in fondo anche dai montiani i quali apprezzano il suo metodo di lavoro ma gli chiedono di fare uno sforzo ulteriore per coinvolgere il centrodestra.
Il segretario del Pd chiede di non essere pressato con lo scadenzario ma è chiaro che le sue speranze di aprirsi un varco con i 5 stelle sono ormai svanite: nel gruppo di Grillo c'è un dibattito acceso però nessuno sembra intenzionato a rischiare l'espulsione per appoggiare Bersani. Quanto al centrodestra, il presidente incaricato ha ripetuto che la corresponsabilità è possibile solo sulla Convenzione per le riforme.
Ieri i gruppi parlamentari del Movimento 5 Stelle all'unanimità hanno votato il 'no' al sostegno ad un governo guidato da Pier Luigi Bersani. La votazione alla Camera, presente anche il capogruppo al Senato Vito Crimi, segue la decisione presa nel primo pomeriggio al Senato.
Sul tavolo dei senatori grillini anche la formazione della commissione speciale e la 'bocciatura' della relazione del Governo che sblocca i fondi della PA per pagare le imprese, nella parte in cui destina denaro anche alle banche.
E, se fallito il tentativo di Bersani, si dovesse ritornare al Colle, chiamati di nuovo dal Presidente Napolitano? Riproporremo la nostra posizione, chiedendo un Governo a 5 Stelle, fanno capire dal Movimento, e forse in quel caso potremmo anche fare dei nomi.