“La chiusura delle carceri a misura d’uomo a vantaggio di quelle improntate alla spersonalizzazione dei cittadini privati della libertà conferma la logica punitiva che anima il sistema detentivo italiano. L’idea di chiudere Macomer e Iglesias è l’ennesimo chiaro segnale di come si voglia trasformare un’istituzione finalizzata al recupero e alla reintegrazione sociale in una fabbrica di disadattati”. Lo ha detto Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento alla decisione del Ministero della Giustizia di chiudere gli Istituti di Macomer e Iglesias.
“Abbiamo potuto verificare in occasione di una recente visita nel mega Istituto di Massama-Oristano che concentrare molte persone in strutture di grandi dimensioni, isolandole, significa – ha aggiunto – negare la possibilità di realizzare programmi di recupero. Finora al concentramento dei reclusi non è corrisposto un rafforzamento degli operatori culturali e neppure degli agenti penitenziari. Anzi gli uni e gli altri sono sottodimensionati da sempre”.
“Il principio dettato dalla Costituzione in materia di detenzione – sostiene Caligaris – è quello di perseguire la rieducazione del condannato. Il buon senso suggerisce che, a parte alcune eccezioni di cittadini che hanno commesso reati per i quali può essere necessario un più lungo periodo di riflessione personale, il recupero sociale deve avvenire con progetti individuali disponendo quindi di agenti, educatori, psicologi, insegnanti. I detenuti devono poter effettuare corsi di formazione, attività di aggiornamento e svolgere impegni lavorativi e di volontariato. Includendo in questo percorso i familiari. Questa organizzazione “riparatrice” del danno è più efficiente in una struttura piccola dove i componenti della comunità si conoscono vicendevolmente e possono interagire affinando le reciproche caratteristiche”.
“Azzerare l’identità personale e la storia individuale barattandola con una cella che ha un bagno e una doccia equivale – rileva la presidente di SdR – a chiudere qualunque reale ripristino del patto sociale infranto e promuovere il disadattamento dell’individuo. Conclusa la pena, dopo 10 anni di vita trascorsi dentro una struttura dove il lavoro è quello del portavitto o dello scopino è impossibile riabbracciare positivamente la comunità di provenienza”.
“Lo Stato deve smettere di investire ingenti somme su grandi strutture dispendiose non solo per l’allestimento ma ancor di più per il mantenimento. Deve invece fare uno sforzo per trasformare gli Istituti Penitenziari esistenti in luoghi dove davvero è possibile recuperare chi ha sbagliato. Il carcere di Macomer e quello di Iglesias quindi non devono chiudere ma diventare Istituti destinati a detenuti – conclude Caligaris – con specifiche esigenze. La diversificazione permetterebbe anche di gestire la devianza con livelli differenti di sicurezza evitando di concentrare detenuti che hanno commesso diversi generi di reati nella stesso ambiente”.